Assassin’s Creed IV: Black Flag – PlayStation 3
Questa non sarà un’introduzione canonica ad Assassin’s Creed IV: Black Flag, ultimo parto creativo di Ubisoft Montreal settimo gioco (Assassin’s Creed: Liberation è in dirittura di arrivo) della serie, a disposizione su PlayStation 3, Xbox 360, Pc Windows e future console, ormai imminenti. Vuole, piuttosto, essere una premessa a quanto leggerete e – soprattutto – da quale razza di pulpito apprenderete quel che Cyberludus ha da dire riguardo a questo titolo. Ho giocato tutti i capitoli principali della serie, dal primo, alla trilogia di Ezio Auditore, fino al terzo ed infine quest’ultimo.
Di Assassin’s Creed III ho curato la recensione, nel periodo della sua pubblicazione e l’ho sostanzialmente bocciato a causa di una cronica mancanza di idee, di scelte stilistiche discutibili e di una generale “aura di mediocrità” che aleggiava, nonostante un buon colpo di scena a livello narrativo ed il calderone di roba messo sul piatto dell’offerta ludica. Rieccomi qui, dopo appena un anno da quell’Assassin’s Creed III che – chiedendo in giro a diversi appassionati – si è scoperto essere quasi oggettivamente il meno ispirato. Ma basta parlare del passato, oggi si parla di Assassin’s Creed IV: Black Flag, e questa premessa introduttiva mira solo a chiarire che non mi diverto a fare il detrattore di una saga che mi piace e seguo con una certa fedeltà fin dal suo primo, controverso – da molti detestato e mai completato – capitolo.
La storia che riguarda gli avvenimenti ed i protagonisti principali di Assassin’s Creed è talmente lunga, sfaccettata e insidiosa (per via di inevitabili spoiler) che riassumerla ancora una volta nell’arco di dodici mesi, mi sembra solo una scusa per bruciare caratteri e rubarvi del tempo, perciò vi rimando – un’ultima volta, alla recensione di Assassin’s Creed III raggiungibile dal link in apertura, dove troverete il riassunto della situazione senza scossoni e mettendo quasi tutti i tasselli al posto giusto . Qui basti sapere che la storia “fuori dall’Animus” segue il corso del tempo, quindi si svolge dopo i fatti del terzo capitolo ufficiale. La storia “dentro l’animus”, invece, fa un salto indietro di due generazioni, esattamente agli inizi del ’700, quando Edward, nonno di Connor quindi padre di Haytham, salpava dalle coste inglesi per cercare fortuna e avventura nei Caraibi. Noi giocatori prendiamo da subito le parti di “nonno Kenway” che, per motivi che vi lascio scoprire, si ritrova nel bel mezzo del conflitto fra Templari e Assassini pur senza desiderarlo.
Edward Kenway è un pirata e non vi sono dubbi su questo. Non si fa in tempo ad impugnare il joypad che siamo subito buttati nel bel mezzo di un abbordaggio da parte di alcuni corsari, ai danni della nave sbagliata. Edward, infatti, da provetto “uomo sbagliato nel momento e nel posto sbagliato”, si imbatte in un brigantino che ospita un Assassino. La battaglia si conclude con un naufragio, senza vincitori né vinti, un pugno di superstiti – fra cui Edward e l’Assassino – e conseguente lotta per la sopravvivenza fra i due. E’ soltanto l’inizio di una catena di eventi che porterà il futuro “nonno Kenway” a diventare protagonista del conflitto eterno fra Templari ed Assassini. Da perfetto anti-eroe quale egli è, Edward pensa soltanto a se stesso, al guadagno, a vivere senza troppi pensieri, ben sapendo che al mondo “cane mangia cane” e “pesce grande mangia pesce piccolo”.
Gli aspetti del gameplay che gravitano intorno alla figura del protagonista, nonché alter-ego di noi giocatori, sono pressoché identici a quelli del diretto predecessore: corsa acrobatica automatica e relegata al tasto R1 (fino ad Assassin’s Creed: Revelations bisognava tener pressato il tasto X per fare parkour), inventario “a croce” facilmente richiamabile dai tasti direzionali e decisamente più preciso di quello di un anno fa pur non vantando tantissime novità (a parte la cerbottana con annessi dardi misti a droghe non mi sovviene qualcosa di memorabile o diverso). Quel che mi ha lasciato perplesso è stato il constatare che Edward, pur conoscendo accidentalmente Assassini e Templari, si comporta, si muove ed agisce come uno della confraternita come se fosse nato con il cappuccio sulla testa. Questo è stato l’impatto iniziale, che viene lentamente dissipato proseguendo e stando bene attenti a trovare tutti i messaggi disseminati nel gioco, per convincerci che tutto quadra anche quando non ci sembra così.
Diciamoci la verità: a parte Monkey Island e Sid Meier’s Pirates, quanti giochi a base di pirati dei Caraibi sono passati alla storia e hanno vinto la prova del tempo? Mi viene in mente solo Risen 2: Dark Waters, ma che rientra nel novero di quei giochi che risultano indimenticabili per chi vive a pane e giochi di ruolo, ma nulla che metta tutti d’accordo. Il mondo dei pirati messo in moto da Ubisoft Montreal in Assassin’s Creed IV: Black Flag convince da ogni lato lo si guarda. Chiaramente occorre accettare il fatto che ci si muove in un diciottesimo secolo più “fantasy” che aderente alla realtà nuda e cruda, quindi dimenticatevi un maniacale simulatore di battaglie navali o altrettanto frustrante simulatore di barche a vela.
In Assassin’s Creed IV: Black Flag si gioca a fare i pirati, nel vero senso della parola, e in forza di questo concetto risultano bandite ogni velleità troppo realistiche. Anche le immancabili personalità realmente esistite, vere e proprie “macchiette” o autentiche portatrici di trame e sviluppo alla storia, sono state ridimensionate quanto basta per lasciare più respiro a quel che riguarda “la Via dei Pirati”, o il vivere per la Bandiera Nera. In Assassin’s Creed IV: Black Flag possiamo levare l’ancora ed andare a caccia di cannoniere, golette, brigantini, fregate e vascelli; possiamo andare a caccia o pesca, cioè cacciare squali, balene, alligatori, scimmie ed altra fauna tropicale. Possiamo andare in cerca di misteriosi messaggi in bottiglia, scrigni di tesori la cui posizione è segnata su mappe di dubbia provenienza; possiamo recarci a Kingston, Nassau, Avana e scazzottarci in taverna.
Le cose da fare, in Assassin’s Creed IV, non mancano ed elencarvele tutte non è possibile, ma sul fronte della quantità non ci possiamo lamentare affatto. La qualità di certe missioni lascia un po’ a desiderare, ma possiamo ricondurre tutta la mancanza di originalità al fatto che stiamo parlando del sesto gioco sfornato in cinque anni, con il settimo dietro l’angolo, pronto a lasciarsi giocare dagli appassionati della serie.
Al di là delle cose che si possono fare con Edward Kenway, una fonte di grande mole di gioco – sia quantitativamente che qualitativamente parlando – è data dalla presenza della Jackdaw, la nave di Edward, che similmente al suo capitano può essere potenziata e resa ancora più efficiente e letale dagli immancabili potenziamenti. Per ottenere questi, occorre riempire la stiva e le casse della banda con i proventi di sane e redditizie attività illecite quali abbordaggi, speronamenti, rapine ai magazzini dei proprietari terrieri e quando possibile fare per rubare al ricco per dare al povero Kenway, bisognoso di molti fondi per la sua causa.
Possiamo suddividere i potenziamenti della nave in: scafo e cannoni, pesca, logistica e varie ed eventuali, da sbloccare più in là nel gioco. Si arriva alla possibilità di immergersi nelle profondità di certi fondali, per esplorare i relitti di alcune navi, in modo da portare alla nostra stiva preziosi ritrovamenti. A bordo della Jackdaw possiamo andare in lungo ed in largo in una grandissima mappa che riproduce, con le dovute proporzioni, i mari dei Caraibi e sarà facile perdersi tra le mille cose da poter fare con un po’ di palle di cannone e polvere da sparo. Dalla semplice caccia alle navi mercantili, si passa in breve all’affrontare i cacciatori di taglie o alle navi leggendarie: imbarcazioni realmente esistite che attendono solo di essere riportate a più miti consigli nei riguardi della Jackdaw. Possiamo bombardare e poi assaltare fortini e fortezze, oppure andare alla ricerca di covi di contrabbandieri da esplorare.
Ci sarebbe molto altro da dire, ma mi limiterò al riportare soltanto il dettaglio che la ciurma della nave è viva e risponde con coerenza al meteo, alla presenza del capitano, alle altre navi, coinvolgendo chi gioca come poche volte in certi titoli. Sentire la ciurma che esulta quando Edward sale sul ponte strappa qualche sorriso. Sentire gridare, per la prima volta, uno dei nostri “capitano in mare!” quando tiriamo l’ancora e ci tuffiamo nei pressi di un atollo, fa sentire realmente dentro al gioco e parte di esso.
Assassin’s Creed IV: Black Flag è il tipico risultato positivo che consegue a quello negativo della stagione precedente. Facendo tesoro del feedback degli utenti e nella volontà di risolvere i difetti più macroscopici di Assassin’s Creed III, Ubisoft è riuscita ad aggiustare il tiro e a rendere giustizia al periodo settecentesco d’oltreoceano che la serie ha preso dal 2012. Il level design è più studiato, finalmente funzionale, torna in auge lo spettacolare parkour tra i tetti delle città (anche se queste sono tre in croce e non molto estese) ed anche se l’ambiente è diverso, uscire dall’Animus ci farà sentire come ci si sentiva nel primo Assassin’s Creed, cioè in un ambiente controllato e dal quale è difficile scappare. La storia volge più al mistero e sprona alla scoperta, pur spingendo a chiedermi dove voglia andare a parare.
Pollice in su per il comparto sonoro, avvalorato da una colonna sonora che si ispira, senza troppo negarlo, a quella dei film “Pirati dei Caraibi” con Johnny Depp, buoni anche gli effetti sonori, anche se talvolta fanno cilecca. Le note negative non mancano, il motore grafico fa cilecca più di una volta: immancabile e tanto comico quanto fastidioso è qualche glitch a livello visivo. Nonostante un occasionale effetto “flickering” delle ombre, effetto pop-up di certi elementi e qualche defaillance a livello di animazioni, non posso non riconoscere che gli sforzi per rendere l’ambientazione verosimile e coinvolgente, pur mantenendosi su un profilo di fantasia, sono evidenti e sono da premiare. E’ dura sorvolare sui difetti, quando le guardie risultano “murate vive” dentro alberi e mura ad impossibilità di abbordare navi senza motivo. Quando le navi da affondare si inabissano da sé (per difetto di clipping e non per una falla nello scafo); quando i segnali sulla mappa non indicano il punto esatto di ciò che stiamo cercando.
Dalle defaillances delle animazioni a qualche “apnea” del comparto audio, i problemini tecnici, insomma, non mancano e qualcuno potrebbe storcere il naso un po’ troppo. Al di là di tutto questo, ho molto apprezzato quella che per me è la splendida colonna sonora affidata a Brian Tyler (Iron Man 3), che ricorda vagamente Pirati dei Caraibi ed altre sonorità, unita alle canzoni che i marinai improvvisano durante le traversate – una di queste, i fan di Dishonored, potrebbero averla riconosciuta – aiuta ad immergersi ancora di più nei Caraibi di Ubisoft.
Veleggiare di notte, oppure all’alba, sotto il cielo stellato o affrontare tempeste, mulinelli e tornadi, durante una battaglia navale all’ultimo sangue, mentre la musica incalza e la ciurma sbraita ordini e commenti sullo stato della nave è stata un’esperienza positiva, tutto sommato, e gli errori di programmazione tendono a passare in secondo piano. Assassin’s Creed IV: Black Flag si profila come appuntamento imperdibile per i fan della saga, latore di quantità e qualità in misure diverse, ma senza peccare in pochezza.
Grand Theft Auto V non lo fa emergere, anzi, ma il lavoro di Ubisoft Montreal gode di personalità e un’impronta distintiva, proprio come il concorrente griffato Rockstar Games, e sebbene non siano comparabili nel peso specifico, certamente posso ammettere che è difficile – per me – pendere per l’una o l’altra parte. Il fatto di aver migliorato tanto di quello che non andava bene l’anno scorso è già tantissima cosa, ma esattamente come l’anno scorso, bisogna evidenziare che le uscite annuali non fanno bene, perché si ha l’impressione che si stia allungando il brodo ad una storia che non sembra avere molto altro da dire per stupire.
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