Total War: Rome II
Nove anni di tempo e quattro titoli nel mezzo: è quello che ci è voluto prima di veder levarsi dalle polveri dei campi di battaglia l’aquila delle legioni romane, quelle tirate a lucido dagli studi Creative Assembly per merito di SEGA.
Dal 3 settembre scorso, la serie Total War è tornata a fregiarsi di un nuovo esponente di questi giochi tattico-gestionali: Rome II, seguito ufficiale di quel Rome: Total War che nel lontano 2004 ha stregato tutti per merito del nuovo motore grafico totalmente tridimensionale ed una gestione dell’imperium sotto il nostro possesso decisamente stimolante ed appagante.
Fin dal suo annuncio, Rome II si è fatto notare per l’impressionante motore grafico, capace di portare sui piccoli schermi dei nostri computer un impressionante livello di dettaglio. Il motore di gioco è lo stesso che muove i samurai di Shogun 2, con la differenza che il gioco a base di legionari e senatori è stato pesantemente modificato per tenersi al passo con le più moderne tecnologie.
Le armate delle tredici fazioni liberamente utilizzabili sono realizzate con una dovizia di particolari che farà felice il più esigente degli utenti, che si aspetta una realizzazione ed una ricostruzione grafica ai limiti del maniacale.
Tra differenze di altezza, fattezze diverse, diversi pezzi di equipaggiamento, andatura ed animazioni, sarà veramente arduo beccare due soldati totalmente identici tra loro, quando non impossibile.
Se tutto ciò non bastasse, andando a zoomare nel cuore delle drammatiche mischie all’arma bianca, possiamo notare le smorfie di rabbia, dolore, stupore e disperazione che tratteggiano i volti di tutti i soldati.
Lo sforzo profuso per la realizzazione dei campi di battaglia, delle armate, dei loro comportamenti, animazioni e gli effetti speciali quali illuminazione, esplosioni e quant’altro, si nota ed è notevole.
Anche la mappa strategica ha subito un notevole miglioramento sotto tutti gli aspetti: personalmente mi è piaciuta di più la scelta di Shogun 2, di mostrare una mappa cartacea là dove i territori erano inesplorati o sconosciuti.
Adesso il mondo è avvolto da una inquietante nebbia di guerra, che sebbene non mi abbia impressionato quanto il “cartaceo” del predecessore, devo ammettere che fa la sua porca figura.
Da un lato mette una sana paura dell’ignoto, dall’altra stuzzica a voler sollevare il velo e a guardare oltre i propri confini. Insomma, a parte Shogun 2, è molto difficile per tutte le altre produzioni eguagliare la bellezza visiva e le vette di eccellenza toccate da Rome II, almeno secondo la mia esperienza con tanti strategici che presentano scenari tridimensionali.
Per tutti coloro che si stanno affacciando ora alla serie Total War e non hanno idea di cosa si tratti: RomeII, come Shogun 2 prima di lui e tutti gli altri esponenti della serie, è uno gioco che unisce due generi: gestionale e strategico.
Il genere gestionale occupa una buona parte del tempo dedicato al gioco, mentre il versante strategico si attiva quando un esercito sotto il nostro controllo entra in conflitto con un esercito avversario. La scena di gioco si sposta dalla mappa strategica a quella della battaglia e noi giocatori dobbiamo indossare i panni del comandante per terminare la battaglia in nostro favore.
Lo scopo del gioco è quello di gestire al meglio il proprio imperio, stabilizzare l’economia dei territori conquistati, alimentare la forgia della guerra, conquistare ed imporre la propria egemonia sul mondo conosciuto. A tal proposito occorre precisare che il mondo di gioco vanta ben 173 territori divisi in 53 provincie, dalle Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno e molto oltre: dall’odierno Afghanistan all’attuale Portogallo.
Dal profondo dell’Alto Egitto fino alle sponde della Scandinavia, il mondo aspetta soltanto un novello “Cesare Ottaviano Augusto” che possa stendere il braccio e prenderne possesso per instaurare la famigerata “Pax Romana”.
La fase gestionale ricorda molto quello che si può fare – in termini più semplici, ovviamente – durante una partita di Risiko. I nostri possedimenti ci mettono a disposizione gli utili che restano nelle casse della Res Publica dopo aver riscosso tributi ed introiti e dopo aver pagato le tasse e le paghe degli eserciti.
Con questo gruzzoletto dobbiamo agire con saggezza e trovare il giusto equilibrio tra investimenti politici (come il miglioramento delle infrastrutture ed il potenziamento della produzione) e gli investimenti militari, cioè il mantenimento e/o la creazione di flotte ed armate necessarie a garantire l’espansione territoriale. La gestione di territori e provincie, sulle prime, convince poco, specialmente coloro che – come me – hanno giocato a tutti i giochi Total War e non sono abituati a grandi rivoluzioni a livello di interfaccia grafica.
Già, perché l’interfaccia di gestione appare radicalmente cambiata rispetto al passato e non mi vergogno nel dire che avrò perso circa un paio d’ore per prendere confidenza con la nuova disposizione di pulsanti ed opzioni. Devo ammettere che l’offerta visiva di Shogun 2, in questo senso, mi ha convinto di più e mi è risultata più intuitiva da subito.
La fase strategica abbandona la gestione a turni e propone delle battaglie in tempo reale. Migliaia di soldati suddivisi in unità da centinaia di componenti vengono dapprima schierati sul campo di battaglia e poi guidati ad eseguire degli ordini semplici (movimento e attacco).
Alcune unità, come quelle da tiro o quelle che affiancano il generale, possono essere incaricate di compiere un’azione più particolare: scagliare frecce incendiarie, incitare un’altra unità, effettuare una manovra speciale (i legionari, per esempio, possono schierarsi a testuggine per resistere meglio alle salve di frecce avversarie).
In questa fase i cambiamenti, rispetto al passato, sono di meno e tutti i veterani della serie si sentiranno, in breve tempo, a loro agio.
Non ha caso ho scritto “tutti i veterani della serie”, perché sembra che Total War: Rome II sia stato espressamente concepito per fare contenti tutti i fan della serie Total War, in special modo i numerosissimi che hanno apprezzato Rome: Total War più di ogni altro esponente di questa stimatissima saga di videogiochi a base di battaglie campali. Spazio di apprendimento, per i neofiti, ce n’è veramente poco, dal momento che il gioco, a partire dal tutorial che dovrebbe solo introdurre alle meccaniche del gameplay, lascia intendere ben poco.
In pochi turni, chi non ha mai giocato ad un Total War in vita sua, si troverà abbandonato a se stesso, accerchiato da Sanniti e assediato da ogni punto cardinale, imboccando la strada imperiale della disfatta in men che non si dica.
Questo mi ha a dir poco stupito, perché relega Rome II a titolo esclusivo per veri intenditori e veterani della serie, lasciando ai margini coloro che – magari attratti dalla veste grafica, dall’accuratezza storica e dal gameplay galvanizzante – volessero cimentarsi nell’Arte della Guerra di orientale memoria.
Non basta migliorare la grafica ed implementare assedi combinati tra unità di terra e flotte navali (che ora possono spiaggiarsi e scaricare a terra i battaglioni dell’equipaggio) per sbarcare il lunario, per farsi giocare sia dagli immancabili affezionati quanto da coloro che vorrebbero staccarsi da Imperium e Praetorian e passare ad un livello superiore di intrattenimento a base di antichi romani.
Il livello non è semplicemente “superiore”, è fuori scala e – passatemi la metafora, per favore – è come se dopo aver passato anni ed anni a fare scuola guida con una Fiat 500, di punto in bianco vi mettono a bordo di una monoposto da Formula Uno. Un’esperienza fenomenale, almeno fino alla prima staccata, poi ci si schianta contro un muro perché non si è stati allenati per bene.
Quelli che, come me, hanno avuto la fortuna, l’onore o la grandissima voglia di metterci le mani sopra il giorno del suo debutto, inoltre, hanno ricevuto un’amarissima sorpresa. Amara quanto quella che ha potuto cogliere Cesare Augusto nel lontano 9° Anno del Signore, quando venne a sapere che le tre legioni più temute dell’esercito romano, la XVII, la XVIII e la XIX erano state spazzate via dal traditore Arminio, nel profondo della foresta di Teutoburgo, in Germania.
Il gioco ha già subito tre interventi pesanti da parte del team di sviluppo, perché presenta(va) notevoli imperfezioni a livello di programmazione.
La più grande imperfezione, quella che è saltata all’occhio di chiunque, è stata la pessima ottimizzazione di tutto l’ambaradan visivo: configurazioni Pc da mille euro o più, di quelle capaci di far girare roba del calibro di Battlefield 3, Crysis 3 e The Witcher 2 al massimo del dettaglio, si sono trovate a fare i conti con texture slavate, indecorosi cali di fluidità e tantissimi altri problemi.
Al di là di quelli visivi c’è da segnalare le lunghe attese tra un turno e l’altro, inspiegabili comportamenti dell’intelligenza artificiale sia in fase strategica che tattica e qualche “calo di zuccheri” da parte di alcune unità sotto il nostro comando, che a volte non trovano la giusta via da seguire.
Tutto ciò, unito alla già citata curva di difficoltà non certo alla portata di tutti, rende Rome II un titolo di nicchia. Questo non mi sembra un male ma, in quanto tale ed aggravato dalle pesanti lacune tecniche (che stanno risolvendo ma ci vorrà qualche settimana), non riesco a premiare il lavoro di Creative Assembly a pieni voti né a consigliarlo ad occhi chiusi come ho fatto per Medieval 2, Shogun 2 e tanti altri.
Per citare altri due illustri romani, possiamo concludere dicendo che Creative Assembly ha peccato in fretta come Marco Minucio Rufo. Forse, se avesse calcato le orme di Quinto Fabio Massimo, temporeggiando l’uscita del gioco di qualche mese, il successo di Rome II sarebbe stato più deciso, totale. Total War: Rome II è così, prendere o lasciare. O ci sai giocare oppure lo lasci sullo scaffale.
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