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Mafia 3

Anno nuovo e recensione vecchia. Vecchissima direi, di un videogioco approdato su Xbox One, PS4 e PC il 7 ottobre 2016. Mi riferisco a Mafia 3, titolo di azione e avventura arrivato sugli scaffali fisici e digitali non privo di problemi di produzione (anche gravi) che ne hanno compromesso, in parte, la gestazione operata da Hangar 13 (i sopravvissuti di Illusion Softworks). Secondo il mio modesto parere, Mafia 3 è un titolo inatteso, volutamente sporco e che ha tanto da raccontare. Lo fa bene con gli attori e il buonissimo doppiaggio, ma lo fa anche meglio con l’ambientazione e lo sfondo narrativo: indietro di cinquant’anni rispetto ai nostri tempi ma tremendamente attuale.

Mafia 3, dicevo prima, è un gioco d’azione e avventura, in terza persona, con forte propensione alle sparatorie. Narra dell’ascesa al potere criminale di un veterano del Vietnam, Lincoln Clay, che torna a New Bordeaux (una fittizia New Orleans) nel 1968 e una spirale di crimini e vendetta non gli permetterà di lasciarla tanto presto.

Tecnicamente si difende piuttosto bene, le animazioni sono ottime, la recitazione è di altissimo livello anche in lingua italiana (cosa non di poco conto) e le musiche sono tutte eccezionali. Buoni gli effetti sonori.

Contrariamente ai suoi predecessori, non pone il giocatore in un vasto ambiente preposto ad accompagnarlo dall’inizio alla fine della storia da raccontare. Non è un gioco guidato dalla storia narrata ma – dopo il prologo, molto emozionante – lascia l’utente nel bel mezzo di New Bordeaux con due semplici missioni da compiere: uccidere il cattivo del gioco e, per farlo, smantellare il vecchio apparato mafioso per sostituirlo con uno proprio.

Gli incarichi che ci separano dall’epilogo, specie quelli secondari, tendono a somigliarsi un po’ troppo tra loro sotto l’aspetto sostanziale ma quel che non si dice troppo in giro è che non sono mai nello stesso posto e permettono di far conoscere ogni sfaccettatura di una metropoli del sud degli Stati Uniti, in un periodo con fortissimi contrasti razziali.

Altro aspetto non di poco conto è il taglio culturale, documentaristico, coadiuvato tanto dall’immensa discografia quanto dalle situazioni di stampo razzista di cui è permeato Mafia 3. Il ritorno agli anni ‘70 non è solo positivo, ma mostra anche l’altra faccia della medaglia.

Gli unici difetti da sollevare al gioco di 2K Games sono dovuti alla perdita della maniacale cura per i dettagli grafici, vetta d’eccellenza arrivata con Mafia 2 e ad un protagonista che – caratterialmente – parte fortissimo ma ha un’evoluzione troppo lenta e insensibile, tipica di un eroe di b-movie d’azione.

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