Non è bello ciò che è bello
Da quando ho iniziato a scrivere recensioni dei videogiochi (era il 2008), facendo da critico a tante di quelle che considero “opere” e non beni di lusso limitati al solo guadagno, ho imparato subito una cosa: non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace. Vale a tutti i livelli artistici, vale anche nei videogiochi.
A me piacciono e fanno emozionare o commuovere i film sui super-eroi, i kolossal fantasy come Il Signore degli Anelli – sebbene tanto diverso dal libro – e i film cyberpunk o di fantascienza. A tantissimi altri, questi film, fanno dormire o annoiare ma chi sono io per giudicare i gusti degli altri? La stessa cosa vale per libri e videogiochi, senza contare la pittura e la scultura. Nel mondo dei videogiochi, la massificazione unita ai social network crea situazioni, per me, esilaranti e interessanti.
Riporto soltanto l’ultimo esempio: nell’arco di un mese sono arrivati nelle case degli appassionati The Last of Us Part: II e Ghost of Tsushima (che purtroppo non potrò recensire su queste pagine tanto presto). Dal 19 giugno al 19 luglio 2020 le bacheche social, i siti di informazione ma anche le testate giornalistiche generaliste hanno fermato l’attenzione sul lavoro di Naughty Dog che spinge forte sul fronte di temi molto maturi, seppur a modo suo.
Per un mese si è letto “capolavoro” a destra e a sinistra, “la grafica migliore della generazione” da tutte le parti, “perfetto” da ogni lato lo si potesse guardare e chi più ne ha più ne metta. Soltanto trenta, stramaledettissimi, giorni. E poi? Poi è arrivato Ghost of Tsushima.
Da quando è arrivato Ghost of Tsushima nelle stesse case degli appassionati sto leggendo cose tipo “molto meglio di The Last of Us: Part II” oppure “questo si che è un gioco da 10 e lode” ed altre amenità varie. Uniamo al tutto che le testate giornalistiche italiane di settore, diciamo le più popolari e seguite, non lo hanno incensato con tutti gli onori previsti dagli appassionati. Non mi metto nei panni dei redattori che lo hanno criticato (e per nulla bocciato), ma mi pare di intuire che non si volesse mettere il gioco di Sucker Punch al pari oppure al di sopra di quello Naughty Dog.
Non è la prima volta che accade. E’ successo tantissime volte in passato e succede ancora oggi, e non solo in ambito PlayStation, sebbene – lo ammetto da possessore di PlayStation 4 Pro – l’utenza media di Sony, almeno quella percepita da me, ha la memoria cortissima e una sostanziale ignoranza in materia di giudizio. Mi spiego subito e lo ribadisco: non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace! C’è ben poco da spiegare in merito a questa frase, quel che molti non capiscono (e che confondono) è il giudizio personale con quello universale.
E’ successo con Ryse: Son of Rome: distrutto dalla sedicente critica di un certo livello e poi si scopre che è apprezzatissimo tra chi lo ha giocato davvero (e non si è limitato a vederlo su YouTube o giocarne il tutorial). E’ successo con Prince of Persia 2008, disintegrato per presunte limitazioni eppure scopro essere apprezzatissimo, più di Spirito Guerriero e I Due Troni, vai a capire perché dodici anni fa nessuno ne parlava tranne me.
Molti pensano di avere la verità in tasca e che il mondo, l’estetica, l’arte, i gusti, girino intorno a sé. Roba che nemmeno il più ardito dei filosofi moderni avrebbe mai discusso. A questi signori darei in pasto Immanuel Kant, la sua Critica del Giudizio unitamente al suo concetto di Estetica.

Invece di elevarsi a filosofi dei miei stivali e critici del giudizio universale, tantissimi appassionati dovrebbero farsi un bagno caldo di umiltà e ammettere che non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace. E non c’è nessuna vergogna in questo. Inoltre, a quelli che pensano di avere la Verità in tasca e di essere super-uomini, o divinità tra i mortali, direi che non hanno capito niente della vita.
Non esiste un critico o un redattore che non scada nel giudizio soggettivo. Non esiste redattore o critico che non sia influenzato dalla sua propria storia, dai suoi gusti estetici, dalle sue conoscenze (in materia artistica, estetica e tutte le altre materie). Non esisterà mai al mondo un redattore “oggettivo” e non ci sarà mai una recensione che metterà tutti d’accordo. Perché?
Perché siamo 7 miliardi di anime, e ogni testa la pensa a modo suo. Certo: per legge di grandi numeri troverai decine, centinaia, migliaia di persone che la pensano come te. Difficilmente arriverai a trovarne milioni.
Il mio pensiero è: quando ci imbattiamo in un videogioco (in un libro, in un film, in un quadro, in una scultura, in un’architettura) che colpisce il nostro personale gusto estetico a tal punto, cadiamo più o meno in quella che si conosce come Sindrome di Stendhal. Ed è esattamente quella che prende chi gioca Ghost of Tsushima, ama il Giappone e la sua storia, ama un certo tipo di videogiochi anche piuttosto distanti da The Last of Us: Part II. E non è colpa di nessuno, non è ignoranza e non è limitazione umana, stimarlo addirittura superiore al lavoro di Naughty Dog.

Nell’ultimo mese ho imparato/ricordato alcune cose:
- Il videogiocatore medio ha la memoria cortissima
- Non esiste recensione oggettiva ma qualcuno non vuole farsene una ragione
- Non esiste redattore oggettivo ma qualcuno pensa di essere Dio
- Non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace, ma tanti hanno paura ad ammetterlo: soprattutto i più giovani
- Ghost of Tsushima sta mandando in brodo di giuggiole tanti videogiocatori ed io non potrò giocarci tanto presto
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