The Hand of Merlin
A quarant’anni di distanza tra un certo Rogue di Epyx, l’onda lunghissima di quello che è definito “roguelite” o “roguelike” non smette di spiaggiarsi sui nostri monitor. Nel frattempo sono nati autentici sottogeneri, come il “soulslike” e non penso di sbagliare quando si può iniziare a parlare di “soulslite”. The Hand of Merlin richiama i fasti degli anni ’80 e ’90, dei libro-game e dei videogiochi tattici come XCOM.
La fatica di Croteam e Room-C Games, pubblicata da Versus Evil, esce dall’accesso anticipato e raggiunge pure le sponde delle console. Re Artù e morto e Merlino ci parla dall’aldilà. Noi siamo l’ultima speranza che separa il mondo dall’oblio.
Il Cataclisma e la Speranza

The Hand of Merlin parte da una premessa tragica. Merlino ha fallito, Re Artù non c’è più e la sua eredità è perduta. Il mondo è preda della quintessenza della Corruzione e un Cataclisma si abbatte in ogni universo conosciuto, portandolo all’ineluttabile rovina.
I cavalieri della Tavola Rotonda sopravvissuti sono solo l’ombra di quel che erano. Spezzati nell’anima, incapaci di opporsi al Male. La voce di Merlino, dunque, raggiunge i cuori di pochi fortunati: un cavaliere, un’esploratrice ed un alchimista. Da questi parte l’ultimo, disperato, viaggio per la salvezza dell’umanità e dell’ultimo universo rimasto.
Di Sacro Graal e Uroboro

The Hand of Merlin potremmo dividerlo in due fasi. La fase narrativa è quella che attinge a piene mani dai grandi classici come Joe Dever’s Lonewolf, per fare uno degli esempi più eclatanti. Ma vale la pena di ricordare anche The Ballad Singer.
La mappa di gioco è divisa in crocevia. Il viaggio verso uno di questi costa una razione di cibo e in ogni fermata c’è sempre qualcosa da fare, da esplorare, da affrontare. Il guadagno può essere l’oro, con cui si comprano equipaggiamenti migliori e razioni. Razioni stesse, sempre preziose per non far morire di fame il gruppo in viaggio. Reputazione, da cui dipende il passaggio di livello degli eroi, che possono incrementare i punti armatura, punti ferita e sbloccare nuove abilità.

Quando si entra in conflitto con uomini o mostri, la visuale di gioco passa ad una schermata tattica che ricorda XCOM o Final Fantasy Tactics, per intenderci. Qui si procede con una scacchiera e rigorosamente a turni, finché solo noi oppure i nemici resteranno in vita.
In caso di dipartita, tutto verrà perso tranne i potenziamenti eventualmente guadagnati, che riguardano il nucleo di potere di Merlino. Questo, ad inizio gioco, ci offre una manciata di incantesimi. Ma con un po’ di fortuna si guadagnano gemme di potenziamento che sbloccano incantesimi ancora più potenti, preziosissimi per la riuscita della missione finale e per la sopravvivenza del gruppo.
Il gruppo tornerà a disposizione. Ma perderà ogni potenziamento guadagnato mentre era in vita. Da qui si entra in un fatidico “loop”, degno del classico “Uroboro” di medievale memoria.
Piccolo fuori, grande dentro

The Hand of Merlin è il risultato di lunghi anni trascorsi in accesso anticipato, che hanno permesso al team di sviluppo di raccogliere ogni feedback necessario al miglioramento e al bilanciamento dell’esperienza finale.
Il risultato è un videogioco estremamente godibile, dark fantasy, gotico, denso di narrazione e questioni morali, stimolante sul versante gestionale e tattico. Nonostante non possa vantare chissà quale budget per essere stato realizzato.
In parole povere: appassionato, appassionante ed eccezionale.
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