The Plucky Squire è un videogioco platform, avventura, d’azione e con elementi puzzle, in terza persona e sviluppato da All Possible Futures. Il gioco è stato pubblicato il 17 settembre 2024 sotto etichetta Devolver Digital su PC, PlayStation, Xbox e Switch. Leggi questa recensione per gentile concessione di sviluppatori, produttori e l’agenzia Cosmocover, che ringrazio.
L’Intrepido Scudiero

Il videogioco di All Possible Futures narra le vicende dell’Intrepido Scudiero (letteralmente, in inglese, The Plucky Squire) di nome Jot. Questi è il protagonista di una collana di libri, che narra le sue avventure contro i malvagi piani dello stregone Humgrump, sempre alla ricerca del mondo di sottomettere le terre fatate di Mojo.
Un giorno, apparentemente come tanti altri, lo Scudiero raggiunge lo Stregone per fermarne i loschi piani. Quel che Jot non sa è che Humgrump ha trovato il modo di rompere la Quarta Parete, quell’immaginario muro tra attori e pubblico (o tra personaggi di un libro e lettori).
Jot si ritrova espulso dal libro, mentre Humgrump, libero di poter agire indisturbato, inizia a rovinare ogni pagina con le sue malvagità. Jot dovrà accorrere in aiuto del mondo di Mojo prima che il libro sia definitivamente compromesso e – di conseguenza – confinato su uno scaffale per sempre.
Bello stile e dolce nostalgia

The Plucky Squire si presenta quasi subito come un videogioco che omaggia le grandi perle del passato, certune anche autentiche pietre miliari che hanno scritto la storia del videogioco.
Non voglio rovinarti il piacere della scoperta, ma fin da subito sono plateali e divertentissimi i riferimenti ai mitici classici Nintendo quali Punch Out e The Legend of Zelda. I rimandi non si fermano solo a questi due ma, come appena detto, ce ne sono tanti da scoprire.

Quello che rende The Plucky Squire unico, ai miei occhi, è la possibilità di rompere la quarta parete da parte di Jot, che può avventurarsi sulla scrivania del proprietario del libro. In questi frangenti, Jot assume connotati tridimensionali ed il gioco diventa un platform 3D con elementi stealth ed enigmi ambientali.
Quando si agisce nel libro, l’impostazione di gioco mi ricorda tantissimo gli stilemi dettati dall’originale The Legend of Zelda del 1986, con le dovute differenze di stile, ritmo ed esigenze narrative.
“Voglio tornar bambino”

The Plucky Squire è un videogioco che prende per mano dall’inizio alla fine. Le prime battute di gioco sono scandite da proverbiali scambi di battute e scene di intermezzo che introducono alla trama di gioco e alle avventure propriamente dette.
Non mi aspettavo una costante sequenza di narrazione passiva, unita a dialoghi che servono a spiegarmi veramente tutto, anche l’ovvio o quasi. La sensazione di giocare un titolo che mi trattasse come un bambino è stata molto forte. La mia considerazione personale è che, per il mio grado di sensibilità e coinvolgimento, non sia riuscito a “tornare bambino”.

Apro e chiudo una breve parentesi: di videogiochi che mi fanno tornare bambino non mancano. Quando avvio qualcosa che somiglia a Diablo oppure a StarCraft o Age of Empires, torno sembre bambino e mi diverto un mondo. Stessa sensazione quando gioco qualcosa che mi ricorda forte gli anni ’90 passati su Doom o Monkey Island 2 e compagnia di LucasArts/Sierra assortita. Anche il recente Space Marine 2 è riuscito nell’impresa.
The Plucky Squire mi dà la sensazione di essere un videogioco “per bambini”, facendomi sentire fuori posto e non è una bella sensazione.
Da giocare tutto d’un fiato

The Plucky Squire, nonostante mi dica più o meno velatamente “lascia il joypad ai nipotini”, non ha mancato di sorprendermi e divertirmi dall’inizio alla fine.
Battute argute, giochi di parole, riferimenti ai grandi classici del passato vicino e remoto, enigmi semplici ma mai banali e colpi di genio come l’utilizzo di parole chiave per cambiare l’illustrazione mi fanno sempre sorridere e lasciano a bocca aperta. Non dimentico qui le parti che omaggiano i più grandi artisti della storia moderna, oppure l’omaggio alla musica metal con tanto di mini-gioco ritmico dedicato.

Ogni volta che la situazione richiede di rompere la quarta parete, rimango piacevolmente sorpreso della cura per i dettagli, dei particolari e di come tridimensionalità e bidimensionalità siano stati fusi insieme così saggiamente.
Lo stile è fumettoso, da libro per bambini, e si unisce ad animazioni buonissime ed un ancor più buono accompagnamento sonoro. Le musiche e la voce narrante non si dimeticano facilmente ed incorniciano tutto in uno dei videogiochi più curati che io abbia mai giocato.
Gli intermezzi con sotto-giochi di matrice “arcade” o spiccatamente anni ’80 e ’90 chiudono il cerchio di un’offerta che è tanto rara quanto preziosa.
Una fiaba per chi sa apprezzare

The Plucky Squire, tirando ogni somma, è tanto bello da guardare, ascoltare e giocare. A patto di saper apprezzare ogni singola scelta adottata e non sentirsi fuori luogo con questa brillante favola che emana nostalgia da ogni pagina.
Ho apprezzato tantissimo i messaggi di fondo, le chiavi di lettura, le motivazioni di protagonisti e antagonisti. Anche i personaggi che affiancano Jot, Intrepido Scudiero, sono ben caratterizzati per il mio gusto personale: dal mago strampalato Moonbeard alla streghetta Violet, senza dimenticare il metallaro troll di montagna Thrash, sono tutti iconici e indimenticabili.
The Plucky Squire è certamente uno dei migliori videogiochi indie che mi sia capitato di giocare quest’anno, forse il migliore.






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