Splinter Cell Trilogy
Il 18 novembre 2002 è una data che molti videogiocatori ricorderanno per sempre. Infatti è il giorno in cui, sugli scaffali dei migliori negozi, arrivò Tom Clancy’s Splinter Cell. Uscito in esclusiva per Xbox, questo stealth game fu concepito per dare una severa scossa ad un genere fin troppo legato ad un altro mostro sacro, che risponde al nome di Metal Gear Solid.
In poche parole, il videogiocatore è chiamato a sfruttare la conformazione dei livelli e soprattutto le zone d’ombra di questi, per infiltrarsi in locazioni molto protette senza farsi scoprire. Bisogna, quindi, rendersi massimamente invisibili e completare gli obbiettivi. Armatisi di tanto coraggio e della collaborazione di uno dei più carismatici scrittori di fantapolitica (Tom Clancy, ndr), i ragazzi di Ubisoft sfornarono un titolo assolutamente insuperato sotto certi aspetti.
Sulle orme di James Bond
La National Security Agency (Nsa) è un agenzia governativa americana che fa del contro-spionaggio la sua ragione di vita. Essa è una struttura reale, come la Cia, ma leggermente diversa da quest’ultima.
Third Echelon è, invece, un settore interno della Nsa ed è puramente inventato. E’ inoltre il luogo in cui lavora Samuel Fisher, primo agente operativo delle Splinter Cells (o cellule fantasma, ndr). Questi agenti hanno il compito di infiltrarsi in territorio ostile. Il loro scopo è quello di reperire -in assoluta segretezza- informazioni vitali per la sicurezza del Paese e, dove necessario, neutralizzare le minacce nazionali ricorrendo alla “quinta libertà”, cioè la licenza di uccidere.
Durante le loro missioni posso affidarsi ad un arsenale che farebbe invidia ad un famoso agente dell’MI6, tale agente 007: una pistola con silenziatore che in futuro verrà modificata per emettere un impulso elettromagnetico (utile per mandare in corto circuito, per qualche secondo, le telecamere di sicurezza e i laser collegati al sistema di allarme), un fucile tattico SC-20 con tre cadenze di fuoco selezionabili e mirino ottico per i lavori di precisione; e per finire -compatibili con il fucile tattico- varie pallottole non letali come i proiettili di gomma, proiettili elettrici e speciali proiettili con microcamera integrata.
Queste tornano molto utili per guardare da angolazioni migliori, per distrarre le sentinelle e per stordirle con il gas che possono emettere. Oltre a tutto questo, trovano posto un utilissimo grimaldello e un palmare che ci aiuta a monitorare obbiettivi, mappa dei luoghi e dettagli ulteriori sulla missione.
Splinter Cell
Nel 2004, due agenti della Cia scompaiono in circostanze misteriose mentre cercano di recuperare informazioni in Georgia.
Allora viene chiamata in causa Third Echelon che, come prima missione sul campo, dovrà rintracciare i due agenti scomparsi e recuperare le informazioni tanto desiderate. Purtroppo i due operativi sono stati uccisi prima che potessero rivelare le loro scoperte: il neo presidente georgiano Nikoladze supporta il terrorismo informatico e mira a sovvertire gli equilibri politici nel Caucaso.
Le speranze di mezzo mondo gravano sulle larghe spalle di Sam Fisher, a cui è dato il compito di risolvere la spinosa questione politica grazie alle sue spiccate doti di infiltrazione.
Ciò che più ha colpito l’attenzione di chi ha giocato Splinter Cell, è stata sicuramente la qualità generale del videogioco. Questo, sebbene fosse appartenente ad un genere che conta i propri titoli sulle dita delle mani, certamente non poteva passare inosservato per la qualità visiva e una solidità di programmazione senza pari. Anche il pur ottimo Metal Gear Solid dovette inchinarsi ai fantastici giochi di luce ed ombra che caratterizzano da sempre i titoli che hanno Sam Fisher come protagonista.
La trama, poi, è affidata ad un ritmo della narrazione semplicemente geniale, oltre che ad essere molto coerente e verisimile, dato il contesto di “presente alternativo” che andiamo ad affrontare. I colpi di scena non mancano, e a volte sembra di assistere ad un thriller di spionaggio davvero ben congegnato.
Dalle pietre miliari del genere, Splinter Cell prende il meglio e lo eleva ad una qualità che sembrava inconcepibile, prima del suo avvento. E così troveremo un comodo “indicatore di mimetizzazione”, come quello vagamente somigliante che possiamo riscontrare in “Thief”. Inoltre avremo a che fare con una intelligenza artificiale davvero all’avanguardia.
Senza ombra di dubbio, Splinter Cell è arrivato per innovare il suo genere e c’è riuscito benissimo, ancora oggi le scelte di stile di Ubisoft fanno scuola e a buon diritto questa serie è diventata un punto di riferimento per ogni appassionato.
L’eccessiva linearità, la difficoltà oggettiva e una curva di apprendimento molto ripida, lo hanno confinato ad un pubblico “scelto” ed estremamente paziente. Poco spazio, infatti, è lasciato all’azione. Molto di questo, invece, è stato dato ad un approccio ragionato e silenzioso, incoraggiando il giocatore a cogliere di sorpresa il nemico, e non ad affrontarlo con le armi da fuoco.
Pandora Tomorrow
Esattamente due anni dopo l’avvento del primo capitolo, arriva sui nostri monitor Splinter Cell: Pandora Tomorrow. Il sottotitolo di questo sequel si deve al nome in codice di un’operazione terroristica, finalizzata al bombardamento con armi chimiche di alcune metropoli americane. Ancora una volta Third Echelon viene chiamata all’azione per scoprire le cause della minaccia e per attuarne la neutralizzazione.
Arrivato – come era lecito aspettarsi – con sensibili migliorie grafiche, questo titolo ha portato con sé alcune novità rispetto al capitolo precedente. Questo sarà un trend che colpirà tutti i titoli della serie. In altre parole, ad ogni nuovo episodio, ci sarà sempre qualcosa di nuovo. L’abilità degli sviluppatori sta proprio in questo: portare innovazione mantenendo solidissima l’impostazione vincente del primo titolo. Inutile, quasi, ribadire quanto vantaggiosa è stata questa politica per Ubisoft e per il sano divertimento di ogni giocatore.
Le novità di questo titolo sono: la possibilità di aprire le porte pur tenendo i corpi dei nemici storditi sulle spalle, un mirino laser integrato sulla pistola silenziata e la possibilità, dopo essersi messi in spaccata tra due pareti vicine, di piegarsi verso destra e verso sinistra e di spingersi verso un appiglio più alto.
Altra novità assoluta è la presenza di una modalità multiplayer online che prevede lo scontro tra squadre: una è formata da Splinter Cells e l’altra da mercenari. Quando si gioca dal lato dei mercenari la visuale non sarà quella classica alle spalle dell’alter-ego, ma sarà in soggettiva come un qualsiasi sparatutto. Le modalità tendono a somigliarsi un po’ troppo tra loro, ma la vera rivoluzione viene dalla quasi forzata cooperazione che bisogna instaurare con gli altri membri della squadra, specie quando due “cellule fantasma” devono aiutarsi per scalare una parete particolarmente alta.
Due anni di attesa e il successo è bissato: Pandora Tomorrow si conferma come uno dei titoli più giocati su Xbox e Sam Fisher diventa un personaggio di culto. Ma il meglio deve ancora arrivare…
Chaos Theory
Secondo la teoria del caos, un battito d’ali di una farfalla in Europa potrebbe essere la causa di un uragano nei Caraibi. In questo terzo capitolo della serie Splinter Cell, uscito nel 2005, la storia si basa proprio su questa teoria. Piccole vicissitudini iniziali tenderanno a scatenare un “effetto farfalla” che porterà il pianeta sull’orlo di una Terza Guerra Mondiale. Ancora una volta il destino del pianeta è affidato ad un solo uomo: Sam Fisher.
Le novità portate dal questo titolo sono considerevoli, a partire dal motore grafico che innalza la qualità visiva del gioco ad un livello di dettaglio davvero sbalorditivo. La nuova generazione di console era alle porte, ma alcuni team di sviluppo, come Ubisoft per l’appunto, riuscivano a trarre, dalle vecchie piattaforme un potenziale davvero considerevole: dei giochi che non avevano nulla da invidiare ai primi titoli di nuova generazione.
Come accennato più su, anche Chaos Theory ha portato con sé un piccolo bagaglio di novità che hanno approfondito e completato ulteriormente l’esperienza di gioco. Adesso, oltre al grado di visibilità, Sam deve stare attento a quanto rumore provoca, specialmente in dipendenza delle superfici su cui è costretto a camminare. Il nemico, oltre alla vista, adesso ha l’udito particolarmente attento.
In questo capitolo il fallimento delle missioni non dipenderà più dal numero di volte che faremo scattare l’allarme. Adesso, ad ogni allarme, i nemici chiameranno i rinforzi e si armeranno sempre più pesantemente, fino a rendere il livello una vera sfida di sopravvivenza, piuttosto che una missione di infiltrazione.
Altra novità assoluta è la presenza di un nuovo strumento a disposizione di Sam: un coltello da combattimento che tornerà molto utile per eliminare silenziosamente i nemici, per minacciarli e per passare attraverso drappi e tende per passarci attraverso.
Conclusioni
Splinter Cell è un gioco che ha scritto la storia del genere stealth, dapprima su console e poi sulle altre piattaforme. Non si è mai adagiato sugli allori, mai sono stati tirati i remi in barca (come è capitato con altre serie di videogiochi) ma ogni nuovo titolo ha portato con sé tradizione e innovazione con le giuste dosi.
Il risultato è un gioco sempre nuovo e stimolante, e non viene mai in mente il sospetto di giocare a tre giochi uguali tra loro. La trama, poi, è sempre affidata alla geniale mente di Tom Clancy, quindi è una garanzia di ritmo, azione e colpi di scena.
Per la sua qualità intrinseca, la bellezza tecnica e narrativa, la solidità di programmazione, questo titolo è un vero must per ogni amante del genere. Per chi ama i giochi in cui prevale l’intelligenza alla forza bruta e per chi, per una volta, vuole indossare i panni di un moderno 007 per sventare i loschi piani dei “cattivi di turno”.
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Non è il mio genere, lo sai, ma apprezzo la storia. E sai anche questo ^-*. Che sensazione rivedere le vecchie copertine Xbox 1