Detroit: Become Human – Provato
Il solito film da giocare, griffato David Cage e Quantic Dream. Detroit: Become Human, a prima vista, sembra aver imparato le lezioni impartite dai punti deboli delle precedenti produzioni dello studio francese e impiatta un’offerta che – ribadisco il “sembra” – si presenta più fluida e, soprattutto, più emozionante.
Avventura con poca o nessuna fase di azione, in terza persona e scelte di regia che alternano le telecamere fisse a quelle libere, Detroit: Become Human mette nei panni di androidi che diventano sempre più umani a causa di episodi dal forte impatto emotivo. Visivamente spreme a fondo tanto l’hardware della PS4 quanto i mezzi di Quantic Dream, che sembrano essere arrivati ad una nuova saturazione. La recitazione si attesta sui livelli medio alti (anche in lingua italiana) e questo è di vitale importanza per un gioco che fa delle emozioni e dei dialoghi il suo punto di maggior forza.
Tutta la narrazione è densa di bivi narrativi più o meno importanti che, lentamente, scrivono un copione che porta ad un finale tra i tanti proposti. Al termine di ogni scena è possibile prendere visione delle scelte effettuate così che i più curiosi (soprattutto) e i “completisti” possano sempre essere al corrente di quello che bisogna fare oppure no.
Date le premesse, Detroit: Become Human si attesta come titolo semplicemente ambizioso ma, soprattutto, imperdibile per tutti coloro che apprezzano questi “film da giocare” firmati Quantic Dream. Per tutti gli altri potrebbe trattarsi di un’esclusiva dallo spessore tutt’altro che generoso, ma un verdetto degno di tal nome potrò esprimerlo solo in fase di recensione.
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