Quest for Infamy
Quest for Infamy è un’avventura grafica punta-e-clicca, sviluppata da Infamous Quest e disponibile su Steam dal 10 luglio 2014. Dal 4 marzo 2022, questa avventura che odora anni ’90 da ogni pixel ha raggiungo i lidi Xbox, PlayStation e Switch.
La recensione che stai per leggere fa riferimento ad un codice Xbox gentilmente concesso dallo sviluppatore e dall’editore della versione console, Ratalaika Games.
Infame e non per caso

Quest for Infamy narra le vicende di un assoluto figlio di meretrice, il cui carattere da anti-eroe possiamo plasmare a nostro piacimento. Oltre la sostanzialità dell’avventura punta-e-clicca, arrivano presto le commistioni di altri generi quali videogioco di ruolo e gioco di tattica a turni.
L’importante è affrontare il gioco con una mentalità del tutto diversa rispetto a quella a cui, soprattutto i più giovani, sono abituati: qui ci si comporta da infami, da cattivi, da anti-eroi e il crimine, spesso e volentieri, paga profumatamente.
Aggiungiamo che possiamo scegliere una carriera fra le tre a disposizione: Furfante, Brigante o Stregone e il quadro è completo. Accedere ad una carriera esclude le altre e modifica sostanzialmente l’approccio a tutto il gioco, sbloccando finali dedicati. La rigiocabilità, dunque, è garantita e molto interessante perché mai ripetitiva.
Omaggio ai mitici anni ’90

Quest for Infamy si ispira alle mitiche avventure Lucasarts e Sierra che i più attempati giocarono in versione originale. Le nuove generazioni di videogiocatori sono state fortunate a ricevere versioni rimasterizzate oppure nuove IP brillanti. Mi riferisco a Thimbleweed Park, Grim Fandango, Indiana Jones and the Fate of Atlantis, King’s Quest, Full Throttle e altre centinaia i titoli degni di menzione che non cito solo per motivi di spazio.
Alla mia memoria viere richiamata più la serie King’s Quest oppure un tipo di comicità, di sarcasmo e di ironia più in linea con l’eredità di Sierra che Lucasarts. In ogni caso Quest for Infamy non risulta mai stucchevole o scorretto, mai banale o offensivo e questo denota una grandissima maturità.
Nessuno parla, tanti giocano

Il gioco di Infamous Quest si affida ad una pixel art volutamente retrograda ma molto gradevole. La prospettiva è in terza persona, il personaggio si muove attraverso schermate disegnate a mano e può interagire con altri personaggi o oggetti del gioco.
Possiamo dialogare, indagare, risolvere puzzle ambientali, enigmi, misteri o combattere ogni minaccia che ci vuole uccidere.
Mi viene sempre da sorridere al pensiero che, la storia delle avventure punta-e-clicca, specialmente quelle in terza persona, sembra sempre finita. A vedere cosa tiene banco tra social e canali streaming, sembra che tutto ruoti esclusivamente tra i generi molto più pubblicizzati e chiacchierati: sparatutto, action adventure e soulslike per farsi un’idea.
Eppure queste avventure, che tantissimi danno per defunte da trent’anni, non manca mai di stupire con piccole gemme divertenti, profonde, segnanti tutti coloro che decidono di giocarle. Pubblicate a ritmo costante senza pubblicità martellante.

Se Infamous Quest e Ratalaika Games portano un’avventura grafica su console, un motivo ci sarà ma in pochi ne parlano: le avventure punta-e-clicca piacciono e tanti – vien da sé – ci giocano volentieri anche con il gamepad.
A proposito di questo: giocare con il gamepad non è certamente intuitivo come usare un mouse, ma il lavoro di adattamento effettuato per Quest of Infamy è fatto a regola d’arte. Un punto ancor più a favore devo darlo all’accompagnamento musicale e al doppiaggio: entrambi di buonissimo livello.
Se non vivessi di soli battle royale e soulslike. Se amassi ogni genere di videogioco senza pregiudizi, se volessi giocare qualcosa di autenticamente originale, se cercassi qualcosa di diverso rispetto a produzioni tutte uguali ultradecennali Quest for Infamy potrebbe essere un punto di svolta.
Si astenga chi cerca super-grafica, sparatutto, soulslike, open world e scarsa originalità.
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