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Black Mesa

Ritorno al Settore C, Materiali Anomali

Sette anni di sviluppo, più di quaranta persone coinvolte, quasi due milioni di utenti conquistati dal giorno della pubblicazione di questa fatica che risponde al nome di Black Mesa. E il tutto è nato dalla delusione, di questi appassionati, del remake attuato da Valve, in occasione di Half-Life 2. In pratica di ragazzi di Gabe Newell, per celebrare la pubblicazione di quel kolossal che ha trasformato per sempre il mondo degli sparatutto in soggettiva, hanno abbozzato quel Half-Life: Source che voleva essere un remake del primo Half-Life, ma in chiave moderna, con il motore grafico Source. Dal 2005 al 14 settembre 2012, prima si abbozzò un progetto (il Black Mesa: Source) ed infine, dopo tanto penare, è arrivato tra noi Black Mesa: sparatutto in soggettiva di fattura indipendente e degno remake dell’immortale Half-Life!

Bentornati alla base di ricerca più sfortunata della storia

Per chi non lo sapesse, Half-Life, come Black Mesa, narra della storia di un’invasione aliena scaturita da un esperimento andato a male nei laboratori “Materiali Anomali” di Black Mesa Research Facility, una base segreta di ricerca sita in Nuovo Messico. Il protagonista, di cui il giocatore veste i panni, è tale Gordon Freeman, un ricercatore, uno scienziato che è anche amico e collega dei professori Eli Vance e Wallace Breen. Il gioco appartiene al genere degli sparatutto in prima persona (Fps, in gergo) che fa vedere tutto l’evolversi della trama dagli occhi del protagonista.

Sette anni di gestazione per un solo, impressionante, risultato

Il lavoro tecnico effettuato da grafici, esperti di animazione e tecnici del suono ha del prodigioso. Stiamo parlando degli sforzi di giovani laureati, laureandi, appassionati di programmazione, che hanno lavorato a proprie spese per sette, intensi, anni e adesso non chiedono neanche un centesimo per ciò che hanno fatto. Vedere Black Mesa in azione è stupefacente, sembra di vedere uno sparatutto affidato a studi di sviluppo blasonati, supportati da ingenti risorse economiche. L’unico supporto che ha avuto il Black Mesa Team è stato quello di tanti utenti interessati al progetto, quello del Source SDK (sigla che sta per: Software Development Kit, ovvero kit per lo sviluppo di programmi). Ad un’attenta analisi possiamo evidenziare che la cura dedicata a molte delle texture che vediamo ha del certosino, i personaggi sono stati completamente ridisegnati ed ora, oltre a godere di volti ed espressioni facciali migliori, sono supportati da animazioni e doppiaggio molto convincenti.

Buoni (non eccelsi) gli effetti di illuminazione e molto belli quelli di esplosioni e fiamme. Le ambientazioni, anch’esse ridisegnate, godono di nuova veste grafica e nuovi script che suggeriscono, lungo tutto l’arco di gioco, che siamo tornati al primo Half-Life, ma qualcosa è cambiato, in meglio. Promosso a pieni voti il comparto audio, che gode di una colonna sonora composta interamente da zero, anche se basata sui brani ormai celebri del primo sparatutto di Valve; buono il campionamento degli effetti sonori, alcuni mutuati dall’originale ed altri perfettamente integrati, risultando mai banali. Se c’è un aspetto che più di ogni altri convince, giocando Black Mesa, è sicuramente quello tecnico che fonde insieme grafica, sonoro e design dei livelli.

Ritorno al passato quasi perfetto

Sotto gli aspetti della giocabilità e della longevità, Black Mesa paga un po’ di più lo scotto di non aver goduto di ingenti finanziamenti per lo sviluppo. Premettiamo che, in ogni caso, il risultato finale ci ha decisamente soddisfatto, e per essere una produzione indipendente è tra le migliori pubblicate a memoria di videogiocatore. Ma qualcosa non ci ha pienamente convinto. Per esempio alcuni comportamenti dei personaggi che dovrebbero collaborare con il protagonista: ci è capitato di dover attendere alcuni, imbarazzanti, secondi di troppo, prima che uno scienziato o una guardia si smuovessero dalla loro posizione per aprirci una porta o scortarci da qualche parte. Inoltre, alcune guardie non si sono mostrate molto furbe, mostrando il fianco molte volte ai nemici. Insomma, non abbiamo assistito ad un ottimale sfruttamento delle routine di intelligenza artificiale del Source, ma il risultato ottimale è di tutto rispetto.

Altra cosa che ci ha fatto storcere il naso in più di un’occasione è quella relativa alla gestione dei salti, soprattutto in quei frangenti il cui il gioco ci chiede una discreta precisione. Abbiamo avvertito, in quei momenti più che in altri, un leggero ritardo di risposta ai comandi, o imprecisioni, provocando rovinose cadute non dipese dalla nostra oggettiva incapacità. Al di là di questi aspetti, Black Mesa ci ha divertiti decisamente tanto, anche se non verrà mai annoverato tra i migliori sparatutto di sempre.

Un must per ogni appassionato

Come ciliegina sulla torta, oltre al bellissimo lavoro tecnico e alla più che valida esperienza retro nelle fasi di enigmi e sparatoria, il Black Mesa Team ha confezionato un buon comparto multiplayer, per chi non può proprio farne a meno. Black Mesa è uno sparatutto vecchio stampo che fa la felicità di tutti gli appassionati, e potrebbe piacevolmente impressionare le nuove generazioni di videogiocatori che non hanno avuto fortuna e onore di provare il primo, originale, capitolo made in Valve. Lo consigliamo ad occhi chiusi.

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