Assassin’s Creed Saga, Dieci Anni Dopo – Parte I
Dal 15 novembre 2007 al 27 ottobre 2017 corrono, quasi esattamente, dieci anni che Assassin’s Creed ci accompagna. Sono dieci i titoli che ne hanno delineato la serie principale, undici se vogliamo considerare Assassin’s Creed: Rogue aderente al canone e non uno dei più corposi spin-off. Assassin’s Creed: Odyssey è alle porte ed io proseguo, lentamente ed inesorabilmente, la mia tardiva epopea in questa saga affrontando, da qualche decina d’ore, l’ultimo arrivato che è Assassin’s Creed: Origins.
Questo speciale nasce dalla volontà di parlarvi di tutti i videogiochi di questa serie, visto che, nel novero delle recensioni di questo blog, ho fissato meno della metà dei titoli fino ad ora usciti: il primo Assassin’s Creed, Assassin’s Creed II, Assassin’s Creed III e Assassin’s Creed IV: Black Flag. Ero parecchio tentato di fare una classifica “alla PCGamer” e classificarli dal peggiore al migliore, oppure dal migliore al peggiore. Alla fine ho scelto di spendere qualche parola in considerazioni personali: velocissime “recensioni” che riflettono il mio giudizio sui videogiochi della saga senza dilungarmi più di tanto nell’analisi eccessivamente approfondita, tipica di una recensione ordinaria o un approfondimento speciale. Non è rivolto a chi non ne ha mai sentito parlare, ma soprattutto a coloro che ne hanno giocati tutti o buona parte.
Ricapitolando i contenuti di questo speciale, vi riporto una veloce lista dei videogiochi che mi appresto a discutere. Di tutti ne ho visto i titoli di coda, ne ho sbloccato o scoperto contenuti pari al 60-70% (non sono un completista). L’unica eccezione è costituita da Assassin’s Creed: Origins, che sto giocando e sul quale ho abbondantemente superato le 25 ore di gioco. Ho completato anche Assassin’s Creed Chronicles: China ma non lo coinvolgerò qui. Non starò a spoilerare, mio malgrado, nonostante in certi punti sarebbe necessario per rinforzare le mie argomentazioni. Ricapitolando, qui si parla di:
Parte I
Parte II
- Assassin’s Creed III
- Assassin’s Creed IV: Black Flag
- Assassin’s Creed: Rogue
Parte III
- Assassin’s Creed: Unity
- Assassin’s Creed: Syndicate
- Assassin’s Creed: Origins
Esattamente nell’ordine in cui sono stati incolonnati. Ultima premessa: sono considerazioni personali, prendetele come tali e se non vi trovate concordi con i miei pareri è semplicemente normale!
Assassin’s Creed
Come ho scritto in apertura: è stato pubblicato il 15 novembre 2007 su console e qualche mese più avanti su Pc. Il primo Assassin’s Creed lo ami oppure lo odi. Difficilmente ti lascia indifferente perché accadono due cose: ti appassiona la storia, l’intrigo e quel misto tra fantasia e realtà ben amalgamato che ti spinge fino all’epilogo, senza star lì a perdere tempo su inutili e tediosi collezionabili; oppure ti viene a noia dopo mezz’ora o poco più avanti, appena ti accorgi che per uccidere tutti i tuoi bersagli principali si reiterano le stesse sequenze da fare e qualsiasi cosa tu faccia è scarsamente ricompensata: il gioco fa aggiungere abilità ed equipaggiamenti insieme alla trama.
Non sto qui a dirvi quanto sia inquietante e interessante uscire dall’Animus, di tanto in tanto, e origliare o sbirciare nei laboratori Abstergo. Non sto qui nemmeno a soffermarmi riguardo al rimanere a bocca aperta per quel paio di colpi di scena inaspettati e sull’epilogo. Assassin’s Creed, come molte nuove IP prima e dopo di lui, è un pioniere nella sua serie e in un sottogenere che si ritaglia. In quanto tale, vista la sua vena sperimentalista, piace oppure no. Fine. A me è piaciuto da matti: l’ambientazione, il fatto di farmi giocare un “romanzo storico”, il concetto dei frutti dell’Eden, le fasi di preparazione all’assassinio, i dialoghi tra assassino e vittima. Non ultima la catarsi di Altaïr Ibn-La’Ahad (il protagonista): la sua caduta iniziale e il lento cammino verso una più profonda consapevolezza di sé e degli ingranaggi in cui si ritrova, suo malgrado.
Assassin’s Creed II
Per il 99% dei videogiocatori che seguono la saga, il primo non esiste e la storia parte, di fatto, dal 20 novembre 2009. Due anni di distanza, un’ambizione e un’attesa studiate a regola d’arte, quattrocento anni di salto temporale, Rinascimento italiano glorificato ed esaltato. Figure storiche indimenticabili e monumentali quali: Lorenzo de’ Medici, Niccolò Machiavelli, Leonardo Da Vinci, Caterina Sforza e la famiglia dei Borgia fanno da cornice a dir poco fenomenale al protagonista indiscusso, il più amato di sempre: Ezio Auditore da Firenze. Senza nulla togliere allo spessore, al carisma e alla potenza espressiva di questo personaggio, è indubbio che l’influenza di un archetipo come quello di Batman abbia influito pesantemente sulla stesura e sulla forgiatura di Ezio. Non sto qui a scimmiottare un meme famoso o a descrivervi tutti i punti di contatto tra l’assassino e il cavaliere oscuro, ma è un dato di fatto che hanno parecchi punti in comune e questo rende Ezio, indubbiamente, un fortissimo personaggio, difficilmente eguagliabile.
Al di là dei banali punti di contatto con uno dei super-eroi dei fumetti più iconico di sempre, in Assassin’s Creed II i ritmi della narrazione sono così ben pesati che assistiamo ad un’evoluzione del carattere del personaggio degna del miglior libro o della migliore serie televisiva. Fermiamoci a pensare: Ezio, sulle prime, è un ragazzo con un bel caratterino, a cui hanno fatto un torto enorme e distrutto la vita. La vendetta lo muoverà per gran parte delle sue prime avventure fino ad un certo punto, che non è nemmeno troppo vicino alla fine ed è questo che – secondo me – lo rende credibile e autentico.
Quando le cose iniziano a farsi serie ed Ezio si ritrova a confrontarsi con poteri più forti di lui, che vanno al di là della mera vendetta personale, ecco salire in cattedra Machiavelli, Da Vinci e gli altri della sua parte a scuoterlo. Ezio, sulle prime, è combattuto, confuso, pieno di rabbia e frustrazione ma poi prende un profondo respiro, valuta e sceglie. Sceglie di mettere da parte il ragazzino arrabbiato dentro di lui e di diventare quello per cui dicono sia destinato: un leader (prima), un Maestro e, più avanti, un Mentore della Confraternita.
Già, Confraternita e Credo: due aspetti che durante l’epopea di Ezio Auditore si legano a doppio filo con il protagonista. Che, umanamente, sbaglia e cade, ma si rialza e aderisce ai principi a cui si ispira (come accadde nel prequel). Tutti concetti che vengono sublimati nel capitolo seguente.
Assassin’s Creed: Brotherhood
Iniziano le pubblicazioni annuali e puntualissime di Assassin’s Creed. Invidiando, probabilmente, i successi di Call of Duty e FIFA, in quel di Ubisoft iniziano a sfornare un capitolo dietro l’altro, forti anche dei numerosi studi di sviluppo e di eserciti di sviluppatori alle loro dipendenze. Il 18 novembre 2010 Assassin’s Creed: Brotherhood raggiunge il mercato console.
Nessuno mi toglierà mai dalla testa, nemmeno se venisse Yves Guillemot a casa mia a negarlo in ginocchio sui ceci, che Brotherhood in realtà sia il vero finale di Assassin’s Creed II e non un capitolo a sé. Ma in Ubisoft sono riusciti a fare le cose talmente in grande e talmente bene che, purtroppo o per fortuna, si sono ritrovati tra le mani un capitolo finale un po’ troppo grande per gli standard: troppo grande per passare come Dlc e troppo piccolo per etichettarlo Assassin’s Creed III.
Per il secondo anno consecutivo affianchiamo Ezio nella sua impresa di togliere l’Italia a Cesare Borgia (e a tutta la sua famiglia) a colpi di lama celata. La potenza dei Borgia, però, è soverchiante: politicamente e militarmente. Ezio, da solo, non può fisicamente farcela e per questo, con l’aiuto degli immancabili Machiavelli, Da Vinci e Sforza, fonda la Confraternita degli Assassini, ne assume il comando, diventa Mentore, arruola volontari e – quartiere dopo quartiere – strappa a Papa Alessandro VI la Città Eterna e la restituisce ai cittadini.
Ezio Auditore è un uomo fatto e finito. Ha preso la propria vita a piene mani e percorre il cammino che si è ritrovato davanti senza più dilemmi, dissidi interiori e incertezze. L’immensa saggezza e intelligenza dei suoi più fidati consiglieri, Leonardo Da Vinci e Niccolò Machiavelli, non fa altro che inspessire l’umanità di questo personaggio come il suo bisogno di avere pochi e veri amici a sostenerlo. Assassin’s Creed: Brotherhood è quello che considero il punto di massima qualità raggiunta dalla serie del “vecchio corso” (quello che si conclude con Rogue e le PlayStation 3/Xbox 360, per intenderci). Non me ne vogliano gli estimatori del terzo, di Black Flag e di Rogue, ma qui siamo su un livello davvero superiore per quello che riguarda tutto: ambientazione, personaggi, storia narrata, colpi di scena. Ogni paragone con i successivi risulta davvero impietoso.
Il finale, sia dentro che fuori dall’Animus, lascia interdetti. Il cosiddetto Cliffhanger narrativo che precede, accompagna e segue i titoli di coda è – semplicemente – memorabile, marchiato a fuoco, scolpito nella memoria di chi ci passa in mezzo. E’ un pugno allo stomaco, una pugnalata al cuore, una botta tremenda concepita – soprattutto – per cadere nella tela delle aspettative sul grande finale. Non quello di Revelations, di cui parlerò a breve, ma di Assassin’s Creed III, che nella sua introduzione cinematica, tra l’altro, riprende le fila del discorso quasi totalmente ignorando Revelations e riagganciandosi proprio a Brotherhood. Ma andiamo per gradi.
Assassin’s Creed: Revelations
Mentre tutti stavamo sovra-eccitati per il finale di Brotherhood e non pensavamo ad altro che al prossimo venturo Assassin’s Creed III (ancora non sapevamo cosa ci aspettasse), ecco sbatterci in faccia quello che nel gergo di serial tv, fumetti, musica, anime e manga chiamiamo filler: termine inglese che significa “riempitivo” e che, nel mondo dei media indica una parte di un’opera che non è coerente, o che lo è solo debolmente, con il resto della stessa. Era il 15 novembre 2011 e invece di andare avanti nella storia, ci ritroviamo in un fastidiosissimo stallo narrativo.
So di scrivere una cosa per molti inconcepibile. Ma, ai miei occhi, Assassin’s Creed: Revelation è un (per molti riuscitissimo) filler! La riprova di questa affermazione è la cinematica introduttiva di Assassin’s Creed III che sarebbe arrivato un anno più tardi.
Notate qualche riferimento di un certo peso, riguardo a Revelations? Vi aiuto io: no, con l’unica eccezione della figura di Ezio Auditore in veste di anziano Mentore. Tutto il resto riguarda eventi fuori dall’Animus e si vede un bel primo piano di Cesare Borgia, che potremmo, in un certo senso, definire come la nemesi di Ezio. Nessun riferimento a qualcosa accaduta in 8 ore di storia o più di 15 ore di gameplay per i completisti di Revelations. E qualcuno vorrebbe farmi credere che non sia un filler?
Tornando a parlare del gioco in sé, al di là dello stallo narrativo (altro pugno in faccia dopo il cliffhanger di Brotherhood), in questa chiosa finale alla trilogia di Ezio Auditore si approfondiscono molti temi trascurati o lasciati in sospeso: Altaïr acquisisce più spessore e importanza; Ezio continua a tracciare un solco che nessun personaggio, dopo di lui, riuscirà a superare; la Prima Civilizzazione e i soggetti che precedettero Desmond nell’Animus sono ancor meglio trattati. Si tratta di rivelazioni o, ancor meglio, delucidazioni. Nemmeno si tratta del vero epilogo delle avventure di Ezio, perché ci hanno pensato con un corto animato: Embers, che ho visto al tempo della sua uscita e mi ha fatto piangere, mannaggia a loro.
Cosa mi ha lasciato Assassin’s Creed: Revelations? Solo tanta amarezza, il portafoglio più vuoto e tante, smisurate, aspettative per Assassin’s Creed III.
Parte II
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