Shadow of the Tomb Raider
Shadow of the Tomb Raider è il terzo ed ultimo capitolo della nuova trilogia di Tomb Raider sviluppato da Crystal Dynamics per Square Enix, disponibile per PS4, Xbox One e Pc. Quest’ultimo capitolo vede l’intervento di Eidos Interactive come parte attiva dello sviluppo, segnando un simbolico ritorno alle origini (il primo Tomb Raider della storia era firmato da loro, nel 1996).
Si tratta di un videogioco in terza persona con telecamera alle spalle del protagonista: caratteristica che ha, di fatto, sdoganato proprio il primo titolo della saga, ventidue anni fa. E’ un videogioco d’avventura, esplorazione, azione e sopravvivenza, esattamente come quelli che lo hanno preceduto in questa generazione (e parte di quella passata): Rise of the Tomb Raider e Tomb Raider: A survivor is born.
Il giocatore controlla una giovane Lara Croft alle prese con la sua terza, grande, avventura dopo aver completato gli studi universitari. Dopo l’isola del Pacifico e le lande siberiane, ecco la nostra eroina immersa in una giungla peruviana, ache si fa largo tra flora e fauna tropicali, mentre scopre antichi tesori, miti e leggende le mondo Maya ed Inca. Oltre a tutto ciò, non si fa mancare il tempo di mettere i bastoni tra le ruote dell’odiata Trinità, l’esercito irregolare che persegue scopi distopici e dittatoriali sfruttando gli ancestrali poteri di potenti artefatti ritenuti perduti, malavitosi che si celano dietro alla dipartita di suo padre.
Shadow of the Tomb Raider non aggiunge praticamente niente a quanto visto (e, personalmente, apprezzato) in Tomb Raider del 2013 e in Rise of the Tomb Raider. Non è cambiato nemmeno il motore grafico (sempre eccellente, a mio avviso). Insomma: more of the same controllato, per ottenere massimi risultati e minimi sforzi. I primi riguardano le vendite, che immagino siano positive ma gli sforzi minimi per impiattare l’offerta si notano tutti. Se da un lato ho molto apprezzato il sistema di combattimento stealth e mimetizzazione, oltre al sistema di ricompense che arrivano dall’esplorazione ed il completamento delle tombe e delle cripte abbandonate, d’altro canto sono rimasto spiacevolmente colpito dalle scelte narrative adottate.
Lara Croft sembra soffrire di crisi d’indentità e parecchio bipolarismo. Durante le sequenze filmate adotta un certo comportamento e stile, quando viene controllata dal giocatore ha una personalità diversa. Ne consegue che più di essere un “avatar” di chi gioca, è una ragazza da accompagnare, da proteggere e da tutelare: siamo parecchio lontani dalla “super-eroina” estremamente carismatica che ci ha accompagnato fino a Tomb Raider Underworld.
In soldoni: si chiude il cerchio di questa trilogia, che ho apprezzato per due terzi e l’ultima fetta della stessa torta, probabilmente, mi ha sdegnato e deluso un po’. Il glorioso epilogo di questa serie ha, in parte, disatteso le mie aspettative narrative, non ho apprezzato la (pressoché nulla?) evoluzione del personaggio. Ho molto apprezzato, invece, la componente d’esplorazione, il versante grafico, quello sonoro. Shadow of the Tomb Raider potrebbe piacere solo a chi, Lara Croft, l’ha sempre apprezzata o ha apprezzato i capitoli del 2013 e del 2015. Rise of the Tomb Raider resta il mio preferito, mentre quello del 2013, per l’impatto che ha sortito e per le novità che ha introdotto nella serie, lo metterei saldamente in seconda posizione. Resta il gradino più basso del podio ed è un vero peccato.
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