E3 2018 – I 5 videogiochi più promettenti
L’E3 di Los Angeles di cui ho parlato qualche giorno fa è ormai sulla via del tramonto anche quest’anno. Da sabato scorso a ieri, più o meno precisamente, tutte le più importanti firme dell’industria del videogioco si sono riunite e hanno annunciato, al grande pubblico, i videogiochi del futuro – prossimo o remoto che sia – previsti per Pc, PS4, Xbox One e Switch. Ho seguito in diretta alcune delle conferenze: Electronic Arts, Ubisoft, Microsoft, Sony e Nintendo ma ho letto e mi sono informato anche su quelle Bethesda e Square Enix. Analogamente a quanto fatto nel lontano 2015, riecco a stilare una top 5 dei videogiochi che mi hanno colpito di più, mi hanno piacevolmente incuriosito o addirittura impressionato sulla base delle premesse e delle promesse fatte. Non è una classifica.
Cyberpunk 2077
Esattamente 2077 giorni prima che venisse rivelato alla conferenza di Microsoft, il 10 giugno 2018, Cyberpunk 2077 era stato soltanto annunciato nel 2013 tramite un teaser trailer che ha mandato in brodo di giuggiole tutti gli estimatori del cyberpunk letterario, cinematografico e videoludico. Questa volta è stato fatto vedere, per la prima volta in assoluto, il motore di gioco in azione.
Non sono mancate le polemiche: troppo sole, poca polvere, poco sprawl, pochi graffiti. Insomma, c’è poco o nulla di Cyberpunk e solo tanto sole. Dove sta la realtà? Sta lì negli studi di CD Projekt RED, dove si lavora incessantemente da cinque anni insieme al creatore del gioco di ruolo cartaceo Cyberpunk 2020, Mike Pondsmith e di cui Cyberpunk 2077 vuole essere – praticamente – la sua versione interattiva. Gioco e apprezzo i lavori di CD Projekt RED da undici anni, dal primissimo The Witcher comprato a scatola chiusa nel lontano 2007 e confido che il risultato finale sarà pazzesco.
Resident Evil 2 Remake
Dopo anni, finalmente, torna un Resident Evil che mi mette inquietudine e ansia già dalle prime, fugaci, immagini di gioco. Ci voleva un videogioco, letteralmente, d’altri tempi per farmi tornare il desiderio di giocare un Resident Evil. Vi confesso che dopo il quinto episodio non ho avuto più voglia di giocare a fondo quelli seguenti e il settimo non è nelle mie corde a causa di una prospettiva in prima persona che non me lo fa associare a un canonico Resident Evil. Si torna a Raccoon City, al primo giorno di lavoro di Leon Kennedy e mi chiedo cosa accadrebbe se tanti altri classici della mia infanzia tornassero alla luce sotto una nuova veste grafica. In definitiva: non vedo l’ora che si possa giocare.
Ghost of Tsushima
Di Ghost of Tsushima sappiamo pochissimo. Sappiamo che il contesto è storico (Giappone medievale durante le invasioni dei Mongoli) ma sappiamo anche che personaggi e situazioni sono liberissima interpretazione di Sucker Punch (che, personalmente, adoro quando si mette all’opera). Si ispirano moltissimo alle arti e alla cinematografia nipponica e da quel poco che ho visto ce la stanno mettendo tutta per realizzare una sorta di melting pot che racchiuda in sé The Witcher 3, Horizon: Zero Dawn, Assassin’s Creed, Soul Calibur V e non so cos’altro. Il gameplay mostrato all’E3 è quanto di più lontano possa essere il gioco finale (niente interfaccia, nemici che muoiono in due colpi, protagonista invincibile etc) ma dovrebbe dare alcune indicazioni su quello che ci aspetta nel prodotto finale. Teatrale come pochi, evocativo, emozionante.
Assassin’s Creed: Odyssey
Ringraziate che il mio tempo libero sia poco e non posso scrivere quanto vorrei riguardo a questa saga. Quando ho visto Assassin’s Creed: Odyssey, internamente ho esclamato, esultato, dicendo “finalmente“. Era dal 2012 che attendevo un’ambientazione (a me) gradita e finalmente si torna in Europa, in età antica, in un momento storico molto particolare tra mito e realtà, un’ambientazione affascinante come poche che ha dato sanguinose guerre ma anche brillanti filosofi, scienziati e personalità politiche. Finalmente hanno svecchiato il vecchio modo di concepire questi giochi, che ha toccato il punto più basso con Syndicate (completato ieri).
Risparmio, da sei anni di delusioni, Assassin’s Creed: Unity non perché sia un buon titolo, ma perché l’ambientazione e l’impatto visivo autenticamente “next-gen” avevano gettato buonissime basi per qualcosa di memorabile. Ho appena finito Syndicate, sono lontano dal completare Origins (giocato in lungo e in largo ma non finito) che è il nuovo fondamento da cui arriva questo nuovo, chissà quando finirò Odyssey ma una cosa mi sembra certa: finalmente sembra che siamo arrivati al risultato finale dopo sei anni di esperimenti falliti, riusciti in parte o riusciti ma conditi da difetti di gioventù (come Origins). Scimmiotta in modo spettacolare The Witcher 3, mio gioco preferito, e si allinea a puro gioco di ruolo d’azione, quindi parte molto avvantaggiato.
Anthem
Il 21 marzo 2017, per moltissimi videogiocatori, corrisponde all’ipotetica data di presunta scomparsa della BioWare per come la conoscevamo. Quella di Baldur’s Gate, Star Wars: Knights of the Old Republic e Mass Effect per intenderci. Due anni fa, infatti, arrivava l’ambiziosissimo Mass Effect: Andromeda e tanto fu grande la sua ambizione quanto grande fu il suo fallimento agli occhi del grande pubblico, o pubblico dei grandi numeri. Arrivato a seguito di uno sviluppo travagliatissimo, distrutto (per me a torto marcio) da pubblico e stampa per i motivi sbagliati, ha decretato la messa in naftalina della serie e ha fatto tremare BioWare a tal punto che hanno ridimensionato gli studi di sviluppo.
Il ritorno di Casey Hudson al timone della nave potrebbe essere un primo segno di ripresa mentre Anthem sembra avere tutte le carte in regola per dare agli estimatori dei videogiochi cooperativi online quello che cercano ma che Destiny, The Division e Monster Hunter non riescono a dare. Speriamo bene, perché questo progetto mi ispira davvero tantissimo e auguro che BioWare torni a realizzare storie memorabili, qualunque sia il genere di videogioco su cui lavorano (prima erano Crpg, ora sono i Tps).
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