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The Last Oricru

The Last Oricru è un videogioco di ruolo d’azione in terza persona, sviluppato da un piccolo team di Praga: GoldKnights. Questo talentuoso pugno di sviluppatori, sotto bandiera Prime Matter, divisione di Plaion colma di nuove IP.

Non ti nascondo la mia immensa sorpresa, quando Plaion ha concesso un codice review a La Decima Arte. Sono riuscito a macinare ore sulla versione Steam del gioco, che può essere acquistato anche via PlayStation 5 e Xbox Series.

Gotiche vibrazioni

Le premesse narrative di The Last Oricru gravitano intorno ad un misterioso mondo di gioco, raggiunto dal protagonista in circostante tutte da scoprire. Questi viene etichettato “l’ultimo degli Oricru”, e deve far luce sui conflitti e le minacce che rischiano di far collassare tutto: il conflitto fra le fazioni rischia di degenerare in un cataclisma.

La scelta di aiutare a disseminare il Caos oppure lottare con tutte le proprie forze per ristabilire l’Ordine è tutta nelle mani del giocatore. La storia, infatti, concede molti snodi narrativi che causano un’evoluzione della trama quanto più coerente possibile.

Inutile nascondermi dietro un mouse: The Last Oricru, fin dalle prime battute, mi ha ricordato Gothic, il mitico videogioco di ruolo di Piranha Bytes. Verissimo: qui la narrazione batte di gran lunga la libertà di esplorazione. Ma l’eroe solitario senza nome arrivato in un contesto conflittuale, le barriere magiche che gravano su tutti, la possibilità di intessere relazioni diplomatiche con le fazioni sono tutti campanelli che fanno scattare – in me – tanto “amarcord”.

Tra Fantasy e Fantascienza

Uno dei dettagli che mi ha colpito di The Last Oricru, che lo rende a suo modo singolare e ne accresce l’originalità, è il tipo di ambientazione offerto a chi gioca. Wardenia è sospeso tra medioevo e fantascienza, fra tecnologie antiche e scienza fantasiosa e cibernetica.

Andando a memoria, solo Arcanum: Of Steamworks and Magick Obscura era riuscito a rendere così interessante questa commistione di generi. The Last Oricru, da parte sua, non fa mancare tanto dialoghi e trame da districare quanto combattimenti impegnativi.

Questi ultimi mi hanno piacevolmente colpito perché non sono così banali quanto si possa pensare in partenza. Il personaggio si evolve accumulando punti esperienza, sbloccando abilità e specializzazioni, diventando sempre più efficiente e letale.

Abbassare la guardia, in The Last Oricru, fa malissimo: il gioco mi è sembrato giustamente punitivo, non premia l’attacco sconsiderato e la mancanza di tattica e questo è un bene.

“Soulstanziale” ma non troppo

The Last Oricru, come appena accennato, è punitivo verso il giocatore che lo affronta con scarsa capacità di studiare le mosse dell’avversario. Scambiarlo per un videogioco di ruolo d’azione “vecchia maniera” potrebbe essere un grave errore. Per questo, in giro, leggerai che può essere considerato un “soulslike”.

Per chi non giocasse da più di dieci anni, oppure giocasse con il paraocchi e i tappi per le orecchie: dal 2011 circolano dei videogiochi griffati From Software che si chiamano Dark Souls, preceduti o seguiti da Demon’s Souls, Bloodborne e Sekiro: Shadows die Twice.

Questi videogiochi hanno dato vita ad un sotto-genere di videogiochi di ruolo d’azione che hanno degli stilemi ben definiti: curva d’apprendimento ripida, difficoltà iniziale ai limiti dell’ingiustizia, sistema di progressione affidato ad un costo di punti esperienza esponenziale. Al tutto si aggiunge il tipico “grinding” (l’accumulo esasperato di punti potenziamento, tipico dei videogiochi di stampo nipponico) e immancabili “boss-fight” vecchie quanto il Videogioco stesso.

The Last Oricru mi ha dato la sensazione di mettere un piede in questo sotto-genere, senza adottarlo completamente. Il risultato finale è un titolo che non mi fa pensare all’adozione dell’eredità nipponica quanto più ad un omaggio verso quella. Un sistema di gioco che – non si può negare – è molto apprezzato dalla comunità videoludica.

Memorabile e singolare

L’ultimo aspetto da evidenziare è la possibilità di affrontare The Last Oricru in cooperativa. La cosa più sorprendente è che si possa giocare in cooperativa anche in locale: sullo stesso schermo, diviso, come ai vecchi e gloriosi tempi.

Personalmente non ho provato questa modalità e mi dispiace. Sono un giocatore fin troppo solitario, circondato da giocatori con gusti diversi dai miei. Ma al di là delle questioni personali, trovo che la possibilità di affrontare il gioco in questo modo sia un valore aggiunto non indifferente.

La libertà di personalizzazione del personaggio permette di creare un dinamico duo che può compensare le mancanze dell’altro: uno fa il tank e l’altro l’attaccante, per esempio. Oppure si può creare un gruppo specializzato nel corpo a corpo o nelle stregonerie.

The Last Oricru, come tante produzioni Prime Matter prima di lui, riesce nell’intento di offrire una ventata d’aria fresca nel genere in cui si presenta. Nel suo caso, oserei dire che sia un genere ormai fin troppo legato agli stilemi dettati dai Souls e rinsaldati dal successo di Elden Ring.

Storia originale, ritmi di gioco ben studiati, dialoghi ben fatti, sistema di scelta e conseguenze, fazioni con cui aver a che fare e snodi di trama che incoraggiano anche la rigiocabilità. The Last Oricru, per me, è indubbiamente la sorpresa dell’anno nel suo genere.

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