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Alone in the Dark

Alone in the Dark è un videogioco survival horror in terza persona, sviluppato da Pieces Interactive sotto bandiera THQ Nordic. È disponibile dal 20 marzo 2024 su PC, PlayStation e Xbox ed è una rivisitazione totale dell’originale Alone in the Dark di Frederick Raynal, datato 1992 e sviluppato in seno a Infogrames.

Questione di passione

Nel 1992, Alone in the Dark era uno dei pochissimi giochi a dotarsi di poligoni e forse l’unico ad essere animato con la tecnica dell’interpolazione. Prima dello sdoganamento della grafica poligonale, introdotto a metà degli anni ’90 dalle console quali Sega Saturn e Sony PlayStation, i giochi erano realizzati in pixel art.

Alone in the Dark era una delle rare eccezioni e doveva fare i conti con una potenza hardware tutt’altro che ottimale. Per questo, gli sviluppatori si affidavano a tecniche d’animazione che permettessero di risparmiare potenza di calcolo: l’interpolazione era una di queste tecniche.

Il capostipite di un nuovo genere, che avrebbe dato l’ispirazione a Resident Evil e Silent Hill, viene dunque dalla Francia. Raynal era mosso da una forte passione per le tecniche di animazione e per il cinema horror di Dario Argento e George Romero. La fusione di queste due ha dato origine a quello che passa alla storia come Alone in the Dark.

Da soli nel buio

Il gioco di Infogrames si rifà ai Miti di Cthulhu, di H.P. Lovecraft ed era stato inizialmente concepito come un modo per pubblicizzare Chaosium, un gioco di ruolo da tavolo a tema Cthuluh.

Il progetto prese una piega del tutto originale: prevedeva che il personaggio guidato dal giocatore riuscisse a scappare da una casa stregata con poche armi e munizioni, tanta intelligenza e puzzle ambientali.

All’inizio del gioco, bisogna scegliere uno tra Edward Carnby, investigatore privato ed Emily Hartwood, nipote del defunto Jeremy Hartwood la cui scomparsa è il motivo per cui i due si avventurano nella casa stregata di Villa Derceto.

Alone in the Dark del 2024, di Pieces Interactive, riparte proprio da qui. Ritroviamo Carnby e Hartwood che fanno strada verso Derceto, una magione convertita a casa psichiatrica nella Lousiana degli anni ’30 del Ventesimo secolo.

Le strade dei due, si divideranno subito e raramente si incrociano. La scelta di un personaggio a favore di un altro, determina il modo in cui affrontano le scene scritte dagli sceneggiatori: non affronteranno identicamente gli stessi eventi. Questo incoraggia moltissimo il rigiocare, almeno una volta, con entrambi, a tutto vantaggio della durata del gioco.

Quello che non cambia è tutto ciò che sta in mezzo alle scene di intermezzo: la fase esplorativa in solitaria, la ricerca di indizi, la risoluzione di puzzle ed enigmi, il combattimento con creature orrorifiche o paranormali. In questo senso, Alone in the Dark mi ha tanto molte sensazioni che ricordano The Medium e Resident Evil Rebirth, con la mappa di Derceto che si evolve come quella di Resident Evil 2 Remake.

Bello da vedere

La mia personalissima opinione, intorno alla realizzazione tecnica di Alone in the Dark è tanto modesta quanto frutto di pura e semplice esperienza da “non addetto ai lavori grafici”.

Io penso che visivamente parlando, Alone in the Dark, non abbia proprio niente da invidiare alla concorrenza ma qualcosa da imparare. Le texture sono ottime, luci ed ombre sono realizzate benissimo ai miei occhi; con il giusto contrasto e la giusta luminosità, il gioco ci fa perdere nell’oscurità senza, per questo, invalidarci e l’ansia e l’inquietudine di non vedere al di là della torcia o di una luminescenza sono autentiche.

Quando non combattono, i personaggi principali sono dotati di buonissime animazioni in ogni contesto. E ne aggiungono di altre in base alla propria posizione: quando salgono una rampa di scale, se abbastanza vicini al corrimano, tenderanno il braccio più vicino per sostenersi nella salita. Piccoli dettagli che fanno la differenza.

Le animazioni facciali sono discrete, non certo il top di categoria, ma funzionano. E la recitazione è affidata a dei professionisti. Carnby e Hartwood sono interpretati, rispettivamente, da David Harbour (famoso per Stranger Things) e Jodie Comer (famosa, tra i tanti film, per il recente The Last Duel di Ridley Scott).

Bellissimo da ascoltare

L’aspetto sonoro, in Alone in the Dark, mi ha colpito moltissimo. Al di là di un accompagnamento musicale realizzato a regola d’arte, quello che mi ha colpito veramente in positivo è stato tutto il restante comparto audio.

Il rumore dei passi dei personaggi varia al mutare del tipo di pavimentazione; quando esploriamo Derceto, arrivano alle nostre orecchie dei forti “ululati” dagli spifferi e dalle correnti d’aria che riempiono l’ambiente; lo scricchiolio del legname che compone una scalinata, che va partire un suono da un punto diverso da quello che stiamo guardando; il rumore o il rantolo di un orrore nascosto nel buio, in agguato; una torretta di trivellazione che sembra invadere tutto l’ambiente di colpi così assordanti da sembrare colpi di cannone ho tuoni; sussurri incomprensibili che emergono quando ci accostiamo ad un salice in una serra.

Potrei continuare per migliaia di caratteri ad immortalare quanti aspetti sonori mi abbiano fatto venire la pelle d’oca in senso buono. Credo di aver giocato qualcosa che sarà molto difficile da battere in questo genere (in attesa di recuperare Alan Wake 2 e trarre migliori conclusioni).

Una noia per combattere e picchiare

I personaggi non sono addestrati all’uso delle armi da fuoco come dei soldati. Sono dotati di revolver o rivoltella, trovano un fucile e armi da mischia improvvisate. Quando usano le armi da fuoco, la sensazione è quella che ho vissuto in Resident Evil 2 Remake: Leon deve stare fermo qualche istante, prima di prendere bene la mira. Esponendosi ad un nemico che, lento ed inesorabile, si avvicina.

Le cose si fanno più ardue quando i nemici diventano veloci e apparentemente ineluttabili ai colpi di pistola. La fretta di sparare aumenta, ma aumenta anche l’imprecisione dei colpi e la drammaticità dello scontro ne guadagna.

Ci sono anche oggetti di singolo utilizzo, da raccogliere e lanciare subito, quali mattoni e molotov. I primi servono tanto a stordire i nemici quanto attrarli altrove generando un rumore distante. Le bombe incendiarie tornano molto utili per colpire più nemici quando ci sovrastano in numero.

Quello che mi ha fatto storcere il naso è stato constatare che quando i nemici diventano più di due e occorre più prontezza nel sistema di comandi e combattimento, il gioco mostra il fianco a molte imprecisioni a più livelli.

I fendenti da mischia non collidono più; i personaggi si incastrano fra nemici e/o pareti di gioco; le animazioni diventano poco coese e poco coerenti con il “bel quadro” di tutto ciò che avviene al di fuori di grandi combattimenti.

Più di una volta ho pensato che (per me) il gioco sarebbe stato perfetto con, al massimo, due nemici sullo schermo. Oppure dedicare le scene d’azione a brevi sequenze non interattive, perché mi è piaciuta di più la parte esplorativa.

Il migliore dei suoi

Alone in the Dark mi sembra essere, al pari di quello originale, il migliore tra tutti quelli usciti da trentadue anni a questa parte. Con buona pace per gli apprezzati (da altri) The New Nightmare del 2001 e del reboot del 2008.

Confrontarlo direttamente con Resident Evil 4 Remake, che ha molta più azione ed è uno sparatutto più curato è un errore grossolano e superficiale. Confrontarlo con la scrittura di Alan Wake 2 o la sua avanguardia tecnologica è un altro errore da fare.

Qui siamo su una rivisitazione di un grande classico, che vuole far giocare alla maniera classica, vecchia scuola, vecchio modo di intendere un survival horror. Personalmente ho apprezzato tantissimo, ma lo avvicino più ad un’esperienza come quella di The Medium (dove non si combatte) e quella di Resident Evil Rebirth: dove il combattimento, certamente, non è il motivo per cui lo si affronta.

Se in grado di collocare questa bella storia, che sembra un’originale di Lovecraft, nel giusto posto tra i giochi di orrore e sopravvivenza, allora avreste trovato pane per i vostri denti da estimatori di survival horror.

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