I Game as Service mi hanno rovinato la vita da videogiocatore
Li chiamano game as service e mi hanno rovinato la vita da videogiocatore. I più frettolosi di noi li abbreviano in GaaS, e sono tutti quei videogiochi che ci accompagnano per almeno un paio d’anni, nei casi più fortunati anche un lustro. Sono giochi che si evolvono nel tempo e vengono supportati costantemente. Da chi? Da chi gioca, grazie ai Pass Stagionali da acquistare, che tanti comprano per non smettere di giocare e per arricchire l’esperienza di gioco con periodici (e belli sostanziosi) contenuti aggiuntivi. Sembra che ci guadagnino tutti: i giocatori continuano a godersi il loro gioco preferito e gli sviluppatori lavorano sui contenuti rientrando, in un certo mondo, nei costi dei loro sforzi.
A me hanno rovinato la vita (da videogiocatore)
Se ti stessi chiedendo quali accidenti siano i Game as Service, te ne porto una piccola lista di quelli che mi ritrovo a giocare ancora oggi, a distanza di anni, per merito delle espansioni, dei season pass e delle stagioni che aggiungono sempre qualcosa di nuovo (o di unico). Prima della mia lista personale, però, cito una lista dei “magnifici tre” che, a livello mondiale presumo muovano i più alti valori di milioni di dollari:
Poi, chiaramente, possiamo aggiungere Apex Legends, Rainbow Six: Siege e tanti altri famosi, ma che – ribadisco – non sono nelle mie corde, pur avendoli giocati tutti e (Dota 2 e League of Legends) a lungo.

I videogiochi che ogni quattro mesi / ogni anno minacciano il mio tempo libero e il mio backlog sono:
- Destiny 2
- Diablo 3
- For Honor
- War Thunder
- Assassin’s Creed: Origins
- Assassin’s Creed: Odyssey
- The Division 2
- Elite Dangerous
Gli Assassin’s Creed fanno caso a parte, dal momento che il loro supporto arriva ad una fine e i contenuti sono, in qualche modo, limitati anche nel tempo. Tutti gli altri giochi che ho elencato, invece, sfornano contenuti “finché la gente pagherà per quei contenuti”.
Penso al primo The Division, che ancora sta in piedi perché, tanti veterani degli sparatutto griffati Tom Clancy, tornano alla New York preda dell’epidemia di vaiolo a quattro anni dalla sua uscita. The Division 2 ha appena sfornato il primo contenuto che inaugura il secondo anno: Warlords of New York (facendoci tornare nella Grande Mela senza avere bisogno di comprare/tornare al titolo precedente).
Penso a Diablo 3, Destiny 2 e For Honor che offrono percorsi stagionali ricchi di ricompense esclusive da guadagnare giocando. Nel caso di Destiny 2 e For Honor, comprando il pass stagionale le ricompense aumentano. Un’opzione d’acquisto che va in voga da quando è stata sdoganata da Fortnite (che l’ha mutuata certamente dalle app per smartphone). Chi vuole paga, chi paga sostiene il gioco, chi sostiene il gioco lo tiene in vita e questo circolo va avanti per anni.

A proposito di circolo vizioso, nei casi di Fortnite ed altri battle royale, la fine della stagione corrisponde alla fine del guadagno di posizioni di prestigio agli occhi della community. All’inizio della stagione seguente, il campione iridato riparte da zero punti, al pari di tutti gli altri e non c’è assolutamente nulla che possa identificarlo come vincitore della stagione precedente. Per farsi un nome, una reputazione, insomma, deve inanellare una serie di stagioni conquistate da non lasciare indifferenti gli altri milioni di utenti: una sfida che solo le persone più competitive, che amano il prestigio, sanno raccogliere ma questo è un altro discorso.

Spesso i Game as Service sono i cosiddetti “looter shooter”, cioè giochi in cui si spara a tutto ciò che ci minaccia per ottenere equipaggiamenti sempre più potenti come ricompensa al tempo dedicato o alla missione compiuta.
Ribadisco, per chi se lo fosse perso, che Destiny 2 e The Division 2 sono tra i più famosi “looter shooter” del momento, e non annovero nella mia lista Warframe solo perché sono uno di quelli che vuole bene più a mamma Bungie che a papà Digital Extremes.
Volutamente dimenticando che, senza il seme di papà, non sarebbe esistito l’intero genere dei looter shooter e dei free-to-play onesti per come li conosciamo: anche Destiny 2 si è piegato alla logica del free-to-play, alla fine, esattamente come Warframe.
Perché mi hanno rovinato la vita?
Come, probabilmente, avrai già intuito leggendo più o meno tra le righe, non sono di certo il tipo che si dedica ad un gioco alla volta. In questo periodo di quarantena forzata, poi, provo di tutto e di più, complice GeForce Now che mi permette di provare davvero tanti titoli con la comodità di non installare niente, non attendere molto per gli aggiornamenti e non sbattermi per trovare il giusto compromesso grafico (non ho un hardware top di categoria, mai avuto).

Come ho già accennato, ho titoli in sospeso dal 2015, ma se scruto bene la mia lista si può andare tranquillamente più indietro nel tempo. Sono tutti titoli con forte accento sulla trama, storie da scoprire e (spero) ricordare, storie di cui parlare qui oppure musiche da immortalare (spero). Ma, da videogiocatore incallito quale io sono, mi ritrovo a giocare alcuni di questi GaaS e questo, indubbiamente, toglie tempo a quello che in gergo chiamiamo “backlog”.
Decine di ore di gioco, da solo o in compagnia, private alle esperienze single-player, che preferisco. Ma è più forte di me, e anche se mai e poi mai io abbia mai pagato un pass stagionale di un GaaS (attendo anni e compro direttamente la “Gold Edition” o la “Goty” Edition con i pass stagionali inclusi) torno a connettermi su Destiny 2 e Diablo 3 a cadenza regolare. Idem per For Honor e War Thunder, adesso si aggiungono Assassin’s Creed e The Division 2.

I GaaS sono la tomba del mio tempo libero e del mio espandere la mia cultura personale di videogiochi. Ma continuo a giocare, continuo a divertirmi e a divertirmi tanto, per questo non lo considero mai tempo perso. Ribadisco il concetto: è come avere una coperta corta (il mio tempo libero) e voler coprire i piedi lasciando scoperta la testa e viceversa. Come se ne esce da questo “problema”?
Centinaia di ore rubate al mio backlog
Mi sento come un goloso di pizza che si sta lamentando che ce ne sia troppa, troppo buona e che venga sfornata in continuazione. Mi sta piacendo tantissimo la pizza Margherita (i GaaS) e continua a mangiarla senza soluzione di continuità. Dagli altri forni arrivano pizze di tutti i gusti e di tutti i tipi (il mio backlog e le nuove uscite), pizze che mi chiamano, mi attraggono e vogliono essere mangiate nella loro interezza. Eppure io sto lì a mangiare un trancio di quelle nuove, contemporaneamente ne mangio un quarto o metà della solita Margherita buonissima.
Non riesco a definirla “zona di conforto”, dal momento che sto scrivendo qui e ho titolato questo articolo in un modo preciso. Ma più vado avanti e più mi accorgo che le decine di ore di gioco, private ai titoli che hanno una storia da raccontare, stanno diventando centinaia.
Ci penso da qualche giorno, sarà per colpa/merito della quarantena causa pandemia, ma sto aprendo gli occhi su questo e mi chiedo cosa voglio, a quasi trentacinque anni (e trenta abbondanti passati davanti ad un monitor a giocare), dai videogiochi e dal mio tempo libero.
La risposta è “titoli di coda”. Ho sempre prediletto quei titoli che possono avvicinarsi di più ad un libro, una serie televisiva o un lungometraggio in più parti (trilogia o saga).
In un mio mondo ideale, mi piacerebbe che i GaaS, soprattutto quelli che gioco io, ad un certo punto stacchino la spina ai server e vengano lasciati in totale single-player, così da poter permettere a quelli come me di portarli a termine, senza aggiungere carne al fuoco aggiuntiva.

Un po’ quello che permettono gli Assassin’s Creed (che sono quelli che più mi tentano con i pass stagionali, infatti). Difficile vederne la realizzazione su titoli quali Destiny 2 o The Division, concepiti per il grinding selvaggio e la reiterazione ossessivo-compulsiva delle azioni da compiere (pazzesco che la gente etichetti “ripetitivo” il primo Assassin’s Creed e non il festival del griding dato da certi videogiochi).
La soluzione finale?
Stare lontano dai GaaS è come chiedere ad un obeso di iniziare a mangiare solo mandorle a pranzo. Non è che non sia possibile farlo, ma sicuramente ci vuole una grande forza di volontà per non finire con il mangiare anche le gambe del tavolo.
L’unica soluzione che mi viene in mente è evitarli come la peste oppure raggiungerne la fine “di base”, come quella di Assassin’s Creed: Origins e Odyssey, oppure come The Division “standard”, poi disinstallare e andare avanti.
Non mi vengono in mente altri modi di stare lontano dai GaaS “multiplayer cooperativi”. Di sicuro sto totalmente alla larga dai “totally multiplayer” come R6: Siege e Apex Legends. L’unico che riesco a salvare dalla tabula rasa è War Thunder e solo perché mi limito volentieri alle battaglie aeree arcade.
Quello che mi frega sempre facile è Destiny 2 con le sue espansioni alla storia (I Rinnegati e Ombre dal Profondo non sono solo pass stagionali) e i giochi che ne seguono la filosofia: come ho già detto, è veramente alta la tentazione di espandere/completare le esperienze degli ultimi due Assassin’s Creed.

Trovo certamente migliore tornare a godermi le decine di titoli, di ogni genere, che siano da raccontare e da divulgare. Ora devo solo trovare la forza per staccarmi da quelle buonissime pizza Margherita che mi piacciono tanto e dedicarmi ad una più salutare “dieta mediterranea”.
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