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Lo scorrere del tempo nella Decima Arte

Oggi è una giornata storica per questo blog. Per la prima volta dopo 15 anni, qualcuno che non sia io ha voluto immortalare un suo pensiero su queste pagine. AkiraGaming_85 è un mio coetaneo e mi conosce da quasi cinque anni ormai: da quando sono entrato a far parte degli ospiti di 4GameHz su Twitch. Anche Akira divulgava su Twitch, poi è passato a YouTube. E tante cose di quelle che metto in pratica sui miei canali, le ho imparate da lui.

È stato lui a chiedermi di poter pubblicare qui Lo scorrere del tempo nella Decima Arte, dal suo personale punto di vista. La sua richiesta mi ha riempito d’orgoglio e di onore e non posso fare a meno di ringraziarlo per il tempo che ha dedicato a questo blog. Ma ora taglio corto e lascio spazio a lui, perché se lo merita. Buona lettura! (NdAurenar)

1985

Mentre venivo alla Luce. I Videogames entrano nella loro terza era (la Golden Age) .
Sbarca in occidente il NES, il primo sistema d’intrattenimento che avrebbe segnato la storia del videogioco, con i suoi 8 bit di potenza grafica mai vista prima. Ma soprattutto…un ottimo sistema per combattere lo stress con la respirazione, per soffiare nelle cartucce quando non partivano.

Quando un semplice idraulico e suo fratello diventano due supereroi, per salvare una principessa in pericolo, la tua mente viaggia in un mondo fantastico. Oppure quando un ragazzo dalle orecchie a punta (ma non è un elfo!) deve salvare un’altra principessa. Questa è talmente importante che il titolo del gioco riguarda lei: The Legend of Zelda.

Giusto ricordarlo: il protagonista si chiama Link!!!

1986

Mentre io cercavo di imparare a camminare, Sega Master System entra nel mercato occidentale. Non solo con una grafica migliorata e maggiore fluidità delle animazioni, ma con la sua voglia di avvicinarsi ai ragazzi sia nello stile che nel prezzo.

La cosa che la faceva amare di più era quella di poter diventare un grande pilota di caccia con l’avvento di After Burner o uno sentire il vento fra i capelli al volante di una Ferrari Testarossa con tanto di bionda hollywoodiana al tuo fianco con Out Run.

Avevamo finalmente la Sala Giochi a casa nostra, bastava solo una presa di corrente, sintonizzare la nostra favolosa Tv a tubo catodico sulla frequenza giusta e la magia aveva inizio.

1989

Io comincio ad imparare l’alfabeto è nel frattempo Nec scrive la sua storia anche in Europa con il TurboGrafx-16. Raddoppia il tiro della grafica: 16 bit di potenza assurda, audio spaziale, un vero mostro di potenza.

Potevamo sconfiggere insetti alieni con la nostra astronave in Galaga; diventare il campione delle arti marziali in Street Fighter II: Champion Edition; essere il più grande pistolero cacciatore di taglie un po’ pervertito in City Hunter.

I gettoni a quel punto servivano solo per telefonare, avevamo la nostra sala giochi nella nostra cameretta (o il salotto, dipendeva da quante Tv avevamo in casa).

1992

Mentre io imparo le moltiplicazioni anche Nintendo passa al 16 bit, con l’arrivo della console che avrebbe fatto sognare molti di noi per la seconda volta: il Super Nintendo.

Con i suoi 6 tasti colorati, una grafica rinnovata e vecchie glorie come Mario in Super Mario World. Questi ora aveva un nuovo amico, Yoshi. Inoltre avremmo sconfitto i vampiri con Simon Belmont in Castlevania. Da buona tradizione, continuavamo a sputare un polmone per soffiare nelle cartucce.

Su Italia 1 avremmo visto i nostri eroi prendere vita in Captain N: The Game Master (tradotto in Italia: Un videogioco per Kevin) e avremmo sognato per anni. Ma il ricordo più bello è quando ci riunivamo io e i miei fratelli per cercare di sconfiggere Bowser e salvare la principessa Peach.

Dopo nottate insonni e cazziatoni dei nostri genitori, perché dovevamo andare a dormire alle 8, finalmente lo sconfiggemmo e fu una grande festa. Quindi decidemmo di passare a qualcosa di simile: Super Ghouls ‘n Ghosts (altro che i soulslike all’epoca) ma questa è un altra storia.

1995

Mentre io mi preparo all’esame di 5a elementare (all’epoca mia si faceva XD) tutti
volevano come premio per questo traguardo una bici oppure un paio di pattini in linea. Io invece nooo!!!

Su un rivista di videogames (perché prima Internet non c’era) vidi l’immagine di un personaggio dei videogames, ma non piatto fatto a pixel ma con fattezze quasi reali che mi fece battere il cuore. Era per una console PlayStation SEGA: il Saturn! Il personaggio era Akira Yuki di Virtua Fighter.

Era un picchiaduro con personaggi che praticavano vari arti marziali provenienti da varie parti del mondo. Ma la cosa forte era che, mentre parlavano, muovevano le labbra.

Le musiche sul supporto a CD-Rom e la grafica a 32 bit facevano dire “cavolo che mondo stupendo ci aspetta con questi videogiochi super realistici!” Intanto, dal polmone sfondato, passammo al gomito da tennista per togliere le impronte da sotto i CD.

Alla fine, un tema di ben tre pagine studiate con la massima determinazione, avevano dato i frutti tanto desiderati. Potevo volare con Nights oppure vivere la mia prima avventura un guerriero scheletrico in Guardian Heroes. O potevo combattere con un Mecha in Cyber Troopers: Virtual-On.

1996

Mentre io compravo il mio primo diario della Smemoranda, Sony fa comprare a mio fratello l’antagonista della mia SEGA Saturn: la Playstation.

Io, dal nome, immaginavo la stazione dei treni con Crash Bandicoot che faceva il pendolare insieme a tizio di Die Hard. In quel momento mi sentii come Sheldon Cooper mentre decise il Betamax invece del videoregistratore.

I primi tempi, vedevo la PlayStation come il “male in Terra” perché la vedevo la copia spudorata di quella che avevo già. Non ci mise molto a farmi cambiare idea quando, un giorno, mi portai a casa un gioco con copertina con sfondo bianco ed un titolo stilizzato: Final Fantasy VII.

Aveva ben 3 CD, questo gioco. All’epoca non si studiavano le lingue straniere per bene, come oggi. Ogni videogioco era totalmente in inglese, con lunghi dialoghi scritti. Ma un po’ con di fantasia e tanta tanta pazienza, col dizionario avevo scoperto un gioco che mi fece apprezzare quel coso grigio e triste di nome PlayStation.

Pochi anni dopo, con un uomo su una copertina sotto la scritta “Metal Gear Solid”, ebbi la visione che Sony fosse il futuro. Oggi molti criticano la qualità del doppiaggio ma a me fece sognare al pensiero che ci fosse un’isola, in Alaska, dove un
uomo solo tentava di salvare il mondo dalla minaccia del Metal Gear Rex.

1997

L’algebra e prosa mi facevano scoppiare il cervello e quindi era arrivato il momento di un cervello elettronico in casa, che fosse più performante del mio. Arrivava Intel Pentium 2 MMX 266MHz e tutto divenne più semplice.

La forma di questo processore mi ha sempre ricordato le cartucce che mi avevano fatto fare i polmoni da esperto di immersioni in apnea. Prima di allora, sul PC, potevo vedere i videogames come sul mio vecchio NES. Erano un nulla di che: la mia PS1 era molto più futuristica. Ma poi quando installai Blood mi dissi “Ok e arrivata la nuova vita dei videogiochi”.

Col tempo, fra una lettura di un’enciclopedia per fare il tema a scuola e un salto di Lara Croft più fluido e meno spigoloso, capii che il mio futuro videoludico fosse legato a queste macchine per sempre.

Dopo i polmoni ed il gomito, ora allenavo anche i bicipiti per spostare il macigno di monitor CRT 17 pollici.

1998

La mia mente viaggia verso cosa sarei diventato da adulto. Ma, dopo essermi già cimentato a Broken Sword, arriva la grande avventura grafica con l’indimenticabile protagonista Manny Calavera: Grim Fandango. Inoltre, dopo aver già lanciato i dadi diverse volte nella vita reale, arrivava Baldur’s Gate.

Sempre nello stesso anno, avremmo vissuto le vicende un fisico teorico. No, non era Sheldon Cooper ma Gordon Freeman in Half-Life! Lì cominciai a dire “questo mondo non potrà mai smettere di stupire”. Eravamo ad un passo da tutto, si cominciava a vociferare di Internet e di poter giocare ognuno a casa propria tramite la presa del telefono: il futuro era nostro.

1999

Ero pronto per il liceo, ma non pronto alla notizia che SEGA stava per cacciare un
nuovo mostro di potenza: parliamo del Dreamcast!
128 bit di potenza grafica, audio stereo, nuovo formato di supporto GD-Rom (il doppio più capienti dei CD-Rom) e la possibilità di giocare online.

Avevo paura di mettere i miei risparmi su questa console, perché ero rimasto traumatizzato dalla fine della Saturn. Per mia fortuna, questa era anche l’epoca dei negozi che noleggiano console. Quindi con 60.000 lire ho potuto avere questa console a casa mia per un’intera settimana, accompagnato dal nuovo Virtua Fighter e Sonic Adventure.

Ma, quello che mi fece penare di più, fu Resident Evil: Code Veronica. Dopo aver avuto gli incubi per mesi, con il secondo capitolo di Resident Evil, ora qui si faceva sul serio e stavo per buttarmi a capo fitto nell’acquisto del Dreamcast ma…

2000

Ero pronto per il “Capodanno del Millennio”. Si parlava che a breve avremmo usato l’Euro. Io pensavo solo che, su PS-Mania, giravano le foto di un monolite nero di casa Sony: la PlayStation 2.

Posso dire che passò quasi un anno, da quel fatidico giorno. Ma alla fine iniziai a giocare con questa mitica console che mi ha regalato titoli come Onimusha. All’epoca ero in pienissima “otaku-dipendenza” e mi faceva sentire un dio. Poi avvenne il ritorno di Solid Snake in Metal Gear Solid 2: Sons of Liberty. Poi, fra un Ratchet & Clank e una corsa a Need for Speed, arrivò il Fantasma di Sparta: God of War.

All’inizio non mi convinse più di tanto. Ma, un giorno che avevo “la febbre” pre-verifica e rimasi a casa, io ed un mio amico ci mettemmo a completarlo e lì fu amore puro per questo genere.

Oltre a videogiocare, potevo guardare i film in DVD. Vedere Matrix ad alta risoluzione a casa propria non aveva prezzo. Questo film aveva anche il mini-gioco “Trova il coniglio bianco”.

Ma fu Prince of Persia: Le Sabbie del Tempo il mio gioco preferito. Dopo quello per Amiga 500, mi ricordo che con la PS2 ci mettevamo con l’orecchio a sentire se il disco girava bene per paura che si bloccasse ed è lì che diventai “l’uomo che sussurra alle PS2”.

2005 – 2006

Primo grande amore e la patente. Ma il vero amore era stato mostrato all’ E3: Sony presentò il prototipo della PlayStation 3 (il banana stick era tanto memorabile quanto discutibile).

Era il momento di fare il salvadanaio per il prossimo bestione (posso garantire per i suoi 7 kg) del colosso nipponico. Con Blu-ray Disc che avrebbe combattuto il lettore HD-DVD di Microsoft e la sua Xbox 360. Quest’ultima non l’avevo comprata perché con la precedente giocavo solo ad Halo.

Ma poi arrivò Gears of War e con esso dovevi pregare non venisse colpito dalla maledizione del Red Ring of Death: Rrod.

Ma queste sono beghe tecniche rare e quasi sconosciute. Le dimenticai in fretta quando scoprii che avrebbero realizzato uno spin-off di Prince of Persia con i Cavalieri Templari: ero all’ennesimo cielo.

2007

Spengo le candeline sulla torta è dico “quest’anno niente regali”, per ora. Perché a novembre arriverà Assassin’s Creed. Ubisoft aveva trasformato quello spin-off in una nuova storia che combacia con la mia passione del mito di Excalibur e dei Cavalieri della Tavola Rotonda.

Ancora oggi ho i brividi, ripensando al momento del “salto della fede” oppure uscendo da una folla, dopo aver assassinato un templare, sentivo la mitica frase “Requiescat in pace”.

Poco dopo mi avrebbe aspettato un’altra avventura. Con un mezzo archeologo che, a prima vista, mi faceva pensare a quella Lara Croft che sopravviveva tra corse in motoscafo a Venezia, lupi e dinosauri che se la volevano pappare: pensavo di aver visto la sfortuna fatta persona.

Uncharted fu una rivelazione: lì vidi un altro passo tecnologico evolutivo del videogioco, con ambientazioni realistiche come ad esempio i vestiti che si bagnavano al punto giusto che si trovavano in acqua. La fisica degli oggetti molto realistica, tutto accompagnato dalle battute di Sully.

Da qui ho affinato un altro senso, dopo quello dell’udito: quello del tatto per controllare il surriscaldamento della PS3.

2010

La mia carriera lavorativa prende una svolta decisiva e succede lo stesso anche nei videogiochi. Era in arrivo God of War 3 il tassello mancante dopo il secondo capitolo e stavo completando Final fantasy XIII, un gioco sviluppato a puntate.

Per me era una grande incognita: era grezza e stravolgeva la sua essenda per darsi un tocco di freschezza e rinverdire i fasti dei videogiochi di ruolo giapponesi (jRpg). Essendo una “Fantasia” avrebbe avuto bisogno di tempo per maturare.

Facendo un salto nel passato la mia prof. d’Italiano ci aveva letto la Divina Commedia di Dante ed ero rimasto affascinato anche perché il mio mangaka preferito, Go Nagai, ci aveva ispirato varie sue opere.

Ma a me colpì questo titolo della Visceral Games: Dante’s Inferno, che mi dava la sua visione dell’opera italiana per eccellenza. Dopo aver saltato sui tetti di Firenze con Ezio Auditore, vestivoi panni del “Sommo Poeta” per addentrarmi nei gironi dell’Inferno accompagnato da Virgilio.

Rivivevo parte degli scritti per arrivare ad affrontare Lucifero, per salvare Beatrice e mi diedero la voglia, per la prima volta, di provare il “sistema di caccia ai trofei” dalla PS3. Riuscire a fare una combo di 666 colpi non ha prezzo.

In questo tempo, avevo sviluppato un’altra abilità: quella di avere la pazienza di un santo.

2012 – 2013

Una lacrima sul cuore per una grande perdita e l’anno che i Maya avevano determinato la Fine del Mondo (con tanto di film dedicato). Ma allo stesso tempo la ricerca di nuove avventure.

Arrivava un nuovo Assassin’s Creed, il terzo capitolo con un nuovo eroe: Raku..Na…kent…CONNOR, che facciamo prima.

Era il tempo di riscattare l’onore di Corvo Attano in Dishonored, che mi portò in un Assassin’s Creed in prima persona, con anche un pizzico di magia Steampunk.

Cominciavo a non morire male a Counter-Strike e a creare clan nella speranza di non morire per il ping troppo alto. Si è chiuso (allerta SPOILER sul finale) il cerchio con la straziante storia di Morte di Darksiders 2.

E feci “scoppiare” la PS3 a me tanto cara, dandogli il colpo di grazia con The Last of Us, che fu il canto del cigno per quella generazione di PlayStation ed anche della mia.

2013

Metto la fede al dito ma il cuore fu diviso: viaggio di nozze a Lucca Comics e poi, il 29 novembre, ero in piedi dalle 7 del mattino in fila per il mio primo day one. Arrivava PlayStation 4.

In questa retrospettiva non racconterò di Xbox One. Perché oltre al Kinect, che non aveva un perché di esistere, e alla grafica di Ryse: Son of Rome, non saprei di cosa scrivere.

Un nuovo controller, una potenza che poteva far girare giochi che fino a prima solo i PC dei milionari potevano godersi, il tutto nel salotto di casa. L’avventura comincia con Infamous: Second Son, che mi fece vedere cosa poteva fare questa stupenda macchina.

Poi, dopo aver consumato le dita a Devil May Cry, arriva il punto di fermarci. Perché a gennaio avrei avuto due “limited edition” nella mia vita. Fra pannolini e pianti mi hanno date tante gioie, ma non mi hanno mai impedito di sconfiggere gli Uruk-hai in Shadow of Mordor. Indimenticabile il nuovo sistema di gestione dei personaggi, Nemesis.

Non mi hanno impedito di continuare le mie avventure in Diablo III: Reaper of Souls. Oppure combattere i nazisti in Wolfenstein: The New Order. Ma un nuovo power up in questi anni era arrivato cercando di sopravvivere al frastuono delle jumbo jet incorporato nelle ventole di raffreddamento della console. diciamo che quando giocavi a ace combat ti sentivi davvero su un vero jet.

2015

Come una Fenice, rinasco dalle mie ceneri. Vale lo stesso per i miei eroi, che mi fanno sognare ancora. Dopo il successo dei vari Dark Souls, arriva una versione che per me resterà qualcosa di unico per anni: Bloodborne. Che con il suo stile e i suoi bug mi ha fatto penare e gioire allo stesso tempo.

Fu grande, per me, la delusione del ritiro dal commercio della limited edition di Batman: Arkham Knight con la Batmobile. Per fortuna il gioco, come sempre, non mi ha deluso con la sua rivisitazione delle vicende fumettistiche di Red Hood/Cappuccio Rosso.

Similmente al viaggio di Arno Dorian, la nostra storia continua.

2016

Un anno videoludicamente molto tetro per me: eravamo circondati dalle ombre ma poi una luce ci spiana la strada. Era arrivato Final Fantasy XV.

La sera, coi bambini, io, Noctis, Gladio e Prompto viaggiavamo con la macchina “Regalia” per sconfiggere il male e riportare la luce nel mondo, accompagnati dalla musica di Florence + The Machine: Stand By Me. Tralasciamo la marea di Dlc che mi hanno svuotato il portafoglio negli anni a venire.

Da ragazzo lessi i racconti di Shannara e mi spunta fuori Horizon: Zero Dawn, un capolavoro di tutto rispetto che ha dato vita ad una percezione del gioco su console straordinaria (grazie mille Guerriglia Games). Mentre il Duca Bianco ci lascia (David Bowie) noi continuiamo il nostro viaggio.

2017 – 2018

La terra trema. Perdo, per fortuna, solo beni terreni ma non la mia passione. Quindi, un anno dopo, mi preparo a Nier: Automata con la bellissima storia di 2B e l’impacciato 9S.

Ritrovo Kratos in un nuovo God of War. Anche lui, come me, aveva perso tutto ma allo stesso tempo ora aveva un figlio. Questo gioco ha narrato una cosa a me sempre molto lontana: la Mitologia Norrena.

Kratos, armato del suo “Leviathan”, un’ascia divina, non è più un fantasma spaccone, che ti faceva girare i pollici per fare certe cosine con le ancelle di Venere. Adesso è un uomo saggio, un padre maturo e pronto ad aiutare il figlio a crescere. Quello stesso anno scopro che Kenshiro in “salsa Yakuza” e non era un brutto titolo.

2019

Sta per arrivare un nuovo pannolino da cambiare, nel frattempo mi godo le
vicende di Sora, Pippo e Paperino in Kingdom Hearts III. Qui si uniscono le vicende di tutte le opere della saga.

Viviamo anche le vicende di Dante e Nero nell’ultimo Capitolo di Devil May Cry 5. Poi arriva ottobre e, oltre ha rivivere le vicende di Sir Daniel Fortesque in Medievil per sconfiggere Zarkon, arriva un nuovo amore nella mia vita.

Mentre prende il biberon, io percorro percorro le vicende di un Padawan pronto a diventare Jedi in Fallen Order. Essere padre è l’avventura più fantastica. Intanto apprendo una nuova skill: cambiare il pannolino senza morire in game.

2020

Siamo tutti chiusi in casa ed io penso “benvenuti nel mio mondo”. Al suono di un flauto di bambù, sono chiamato a scegliere se essere un samurai o uno spettro assassino: arriva Ghost of Tsushima.

Quel gioco mi fece capire che era arrivata una nuova generazione di giochi a livello grafico. Era giunto il momento di passare a PlayStation 5. Ma prima mi godo il Ray Tracing di Nvidia in Control.

Vivere i giochi in “cloud” mi fa ricordare la frase di Jim Carrey nel “il Rompisacatole”: potrai giocare a Mortal Kombat con il tuo amico in Vietnam. Sviluppo una nuova abilità matematica: saper calcolare la potenza erogata del PC per non pagare un mutuo di bolletta della luce.

2021

Il mondo attorno a me sembra cambiato ma poi trovo una vecchia amica: Samus intenta a farmi rivivere le sue vicende su un nuovo pianeta, in Metroid Dread. Lì capisco che “il mio mondo” sta continuando a generare perle.

Arriva Returnal, che mi fa capire che la mia pazienza da santo ha un limite con i suoi boss incredibili. Ansia e spaventi dietro ogni angolo in Resident Evil: Village, mi fanno capire quanto è forte l’amore verso un figlio.

It Takes Two mi fa capire quanto è importante la collaborazione in una coppia. In pinea “Marvel Cinematic Universe Mania”, mi faccio coinvolgere da Marvel’s Guardians of the Galaxy.

Ratchet & Clank: Rift Apart mi fa ricordare che questa serie non era un videogioco per bambini ma ti fa sognare come loro. Mi sono rifatto i muscoli con il sollevamento di PS5 e Xbox Series X, nemmeno le nuove RTX di Nvidia scherzano.

2022

La mia vita ricomincia da tre. Come i titoli che mi hanno accompagnato.

Alzati, Senzaluce, abbiamo pagato una sella per il tuo Caprallo (come io chiamo quella cavalcatura). Vivo il gioco più epico della storia dei soulslike, Elden Ring e mi fa capire che questo è il nuovo modo di farci vivere un’avventura in solitaria: piena di amici pronti a combattere con te.

Torna anche Aloy in Horizon: Forbidden West, una nuova avventura dove capiamo che in questo universo non siamo soli. Ritornano Kratos e Atreus in God of War: Ragnarok, pronti ad affrontare Odino e a farci capire che ad un certo punto i figli prendono la loro strada per crearsi il proprio futuro.

Il ritorno di Guybrush Threepwood ci fa capire che un’avventura grafica non ha un disegno o stile da rispettare, ma solo una storia da raccontare come in Return to Monkey Island.

Nella vita vera scoppiano nuove guerre, muore un’importante e longeva regina e tanti episodi storici mi fanno pensare “io queste cose le ho già vissute con un joypad in mano un plaid, mentre fuori piove”.

2023

Una malattia mi fa allontanare dalla mia passione. Ma io non mi arrendo, come l’idraulico che si trova a salvare una principessa; o come quel cacciatore di vampiri che sa che dovrà combattere Dracula più è più volte; come Spider-Man e Miles Morales, che devono sconfiggere la minaccia di Venom.

Io non mi arrendo. Ho potuto vivere storie fantastiche come il gioco più epico, che nel suo stile classico ha sconvolto il mondo videoludico: Baldur’s Gate III. Questo mi ha fatto capire che quei dadi sul tavolo con le miniature, possono diventare personaggi dei videogames con una storia da mozzare il fiato.

È l’anno in cui ho un Pinocchio che mi fa rivivere i soulslike in modo epico: con Lies of P. Con Goldrake – Il banchetto dei lupi, sono tornato bambino con la sua alabarda spaziale.

Ho Imparato che, come nei videogiochi, non bisogna arrendersi mai perché c’è sempre una soluzione.

2024: questa storia è ancora da vivere

Mentre io mi trovo a scrivere questa riflessione, la tecnologia dei videogames continua a evolversi ad una velocità incredibile.

Playstation 5 e Xbox Series X sono le nuove console di punta, con prestazioni che sembrano provenire da un futuro lontano. La grafica è sempre più realistica, le esperienze di gioco sempre più coinvolgenti. Ma, oltre alla tecnologia, cosa rende speciale il mondo dei videogames? La risposta è semplice: la passione.

La stessa passione che provavo quando giocavo a Super Mario Bros. sul Nintendo Entertainment System, o quando esploravo le terre di Tamriel in The Elder Scrolls V: Skyrim. La passione che mi ha fatto crescere insieme ai videogiochi, vivendo emozioni, avventure e storie indimenticabili.

Il futuro dei videogames è incerto, ma una cosa è certa: continueranno a stupirci, a farci sognare, a farci emozionare. I videogiochi non sono solo un passatempo, sono un’arte interattiva che ci permette di vivere esperienze uniche.

Chissà quali mondi straordinari ci riserverà il futuro, ma una cosa è sicura: saranno sempre pronti ad accoglierci nelle loro avventure, pronti a farci vivere nuove emozioni e a trasportarci in mondi fantastici. La nostra storia con i videogames è ancora lunga, e non vedo l’ora di scoprire quali sorprese ci riserverà il prossimo livello.

Questo sono io. E ci sono i videogiochi che hanno fatto parte di tutta la mia vita. Quei videogiochi che mi hanno aiutato ad arrivare a oggi, per raccontare questa storia pure a voi.

Alla fine la vita è come un videogame: evolve. Escono sequel, reboot e remastered, che possiamo paragonare ai nostri momenti vissuti. Non rimaneteci male se vi fanno un gioco simile ad uno passato, perché anche i nostri figli ci somigliano ma sono diversi da noi.

Perché se non si fa così, un giorno non ci saranno più queste fantastiche opere che daranno sogni a loro. Non ci saranno più come non ci saremo più noi. Quindi cercate di vedere il bello anche dove vi sembra non ci sia.

A tutti: GG.

Di AkiraGaming_85

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